sabato 7 febbraio 2015

TRAGEDIE E VITE OLTRE L’ULTIMO SECONDO (PARTE I)

Il trio più famoso dell'intera WWF
Troppi gli episodi, troppi i casi in cui un mondo come quello del Wrestling che in genere è etichettato come ‘fake’, ha dei risvolti inaspettati, degli scheletri nascosti o una vita diversa, segreta e discostata da quanto invece si mette in scena sul rettangolo d gioco (ecco la scelta di dividere in due parti i racconti) . Non abbiamo certo la presunzione di volerli elencare tutti, non abbiamo certo la presunzione di definire quale sia meritevole più di altro di attenzione nello stuzzicare la curiosità di chi legge. La raccolta è stata casuale provando a mettere assieme momenti prima ed oltre il nostro ultimo secondo.

MACHO MAN RANDY SAVAGE - Gelosia. C’è chi la considera come una sorta di furia cieca che oscura il senso della ragione. E’ come se uno di quei piccoli ‘esserini’ che corrono per il cervello umano e tanto cari al cartone animato ‘Siamo fatti così’ invece di portare al quartier generale la piccolissima pergamena con l’input da dare all’intero corpo, si trasformasse in una sorta di Majinbu pronto a staccare la spina dello stesso quartier generale prendendo il controllo assoluto sugli eventi. Un po’ quello che succede ai tori alla vista del colore rosso o se vogliamo giusto per entrare e restare in tema, quello che accade in genere ai wrestlers che una volta indossato il costume, la maschera o semplicemente un paio di occhiali, cambiano modo di essere, mettono da parte il vero ‘io’ per vestire i panni di una persona ed un personaggio diverso. Ma non per tutti. Se Animal Laurinatis – come abbiamo avuto modo di raccontare nella storia che lo lega al figlio stella dei Rams del football – una volta a casa metteva nel ripostiglio il proprio costume ed era solo ‘Dad Joe’, non si poteva dire lo stesso di Macho Man Randy Savage. L’essenza dell’uomo virile, l’essenza del ‘Macho’, l’essenza dell’uomo che non deve chiedere mai. Questi i ‘credo’ di colui che da quando indossava pantaloni attillati, giubettino con le frange, cappello da cowboy e occhiali variopinti a seconda del momento, questo quello che si ammirava in un uomo che aveva due intenti principali: conquistare il tetto dell’allora WWF, ma soprattutto evitare che qualcuno posasse occhi e mani su di ‘lei’: Miss Elizabeth. Lei che nello show era la ‘ladyfriend’ che accompagnava ogni sua gesta e da proteggere da chiunque tentasse anche solo di degnarle uno sguardo – vedi la rivalità acerrima con George ‘The Animal’ Steel – e che invece nella vita reale è stata la prima moglie di Randy Savage. Ma per ‘Liz’ la differenza tra show business e vita reale era una sorta di linea inesistente. Tanti i racconti di wrestlers professionisti, tra cui anche Hulk Hogan che ritroveremo più avanti, di una Elizabeth costretta a camminare a testa bassa e con sguardo a terra per evitare di incrociare lo sguardo con altri o quelli riguardanti la lotta che lo stesso Randy Savage fece alla WWF per avere un camerino privato in cui sua moglie e compagna di show potesse stare prima e dopo la sua esibizione in modo da evitare qualsiasi tipo di contatto. Tutto finto? Beh può darsi. Quello che però ha lasciato perplessi prima della sua scomparsa nel maggio del 2011 (schianto dovuto ad un infarto che gli tolse la vita quando era in compagnia della successiva moglie rimasta ferita) sono stati i racconti in cui Randall Mario Poffo (nome reale di Macho Man) fosse avvezzo a chiudere la propria casa a chiave anche quando usciva per commissioni o per questioni personali in cui la presenza della Elizabeth Ann Hulette non era richiesta. Tanti i tabloid di gossip che usarono l’ossessiva gelosia dell’allora wrestler marito come causa del divorzio che mise fine ad un connubio che ha fatto la storia del Wrestling.

Lex Luger e la compagna Elizabeth alle prese con i fans
THE LOVELY ELIZABETH E LEX LUGER– Non potevamo certo lasciare cosi un argomento che pullula di storie oltre un certo limite e che come nel caso della bella Hulette sono andate oltre l’ultimo secondo di vita. Dopo la sua storia amorosa con Randall Mario Poffo, la vita sentimentale al di fuori del ring di una delle prime ‘Lady Show’ non è certo stata ricca di momenti da ricordare. Il suo successivo passo fu quello legato alla relazione con Larry Pfohl ‘aka’ Lex Luger. Una storia con molta più libertà in campo lavorativo con Elizabeth che divenne una delle presenze fisse dello Show di ‘Nitro’, ma non certo migliore nel privato. Ad un passo dal matrimonio che doveva essere celebrato nel 2003, ‘Liz’ esce prima dal mondo del Wrestling (ultima apparizione alla WCW), si ritira in Georgia e inizia a lavorare per la palestra del promesso sposo Lex Luger. Un matrimonio che non arrivò mai. Prima la lite familiare con lo stesso Pfohl che venne incriminato e condannato a 2500 dollari di multa per violenza domestica e percosse (un paio di giorni dopo l’arresto per guida in stato di ebbrezza) comprovata dal volto tumefatto della stessa Elizabeth e poi il tragico evento: anno 2003, Marietta in Georgia. La voce di Lex Luger che chiama il pronto intervento per la presenza della compagna sul pavimento di casa priva di sensi e segni vitali. La corsa in ospedale, la constatazione della morte per grave assunzione di sostanze tossiche mischiate all’alcool. Ancora una volta ad un paio di giorni di distanza questa volta da un tragico evento, Lex Luger venne arrestato quando venne trovato a seguito di perquisizione, in possesso di ingenti quantità di sostanze anabolizzanti, steroidi e quant’altro. Ne derivarono cinque anni di libertà vigilata, 1000 dollari di multa e probabilmente una futura moglie sulla coscienza, ma questa è solo una nostra opinione personale. Per chiudere il cerchio a differenza di Macho Man che venne cremato, la sua bella ed eterna Elizabeth è stata sepolta nel Kentucky nella contea di Franklin.

Il duello sul ring tra Race ed Hulk Hogan nel 1987
HOGAN E LA ‘PALLOTTOLA SPUNTATA’ – Di sicuro la morale di questa storia è che il tutto si è fermato prima del nostro ‘ultimo secondo’. Uno di quei casi in cui dopo la spina staccata dall’esserino di cui sopra, nel quartier generale che aveva il comando delle azioni e dei pensieri di Harley Race, ad arrivare sono stati i soccorsi che hanno rimesso tutto a posto tramutando il tutto in quel pizzico di lucidità che ha impedito allo stesso Race di togliere il dito dal grilletto scongiurando quella che poteva essere al tempo una semplice vendetta o gesto disperato di un lottatore in rovina, ma che col senno di poi avrebbe potuto togliere alla storia del Wrestling uno dei suoi ‘figli’ più amati e più famosi. Ma andiamo con ordine. Nella metà degli anni ottanta il dominio di Vince McMahon cominciava ad espandersi andando ad intaccare non solo la popolarità, ma anche le casse e le tasche di chi all’epoca era un idolo delle federazioni indipendenti e locali e a qualcuno la cosa non andò giù. Popolarità in netto declino, incassi quasi inesistenti e crisi mistica che portò l’allora stella indipendente Harley Race ad irrompere prima nello spogliatoio di Hogan prendendolo a pugni – sul serio – e poi nel momento della reazione ecco il rumore del carrello, il rumore del caricamento della pistola, una calibro 38 che venne fuori dal giubbotto e puntata dritta alla faccia di Hogan. Momenti di panico, momenti di furia senza conseguenze se non per il tentativo di bruciare anche lo stesso ring della serata (anche se quest’ultimo non è mai stato confermato ufficialmente), ma anche questo sventato. Un evento ad un passo dalla tragedia che si tramutò in show con l’incontro per il titolo nel 1987 tra i due e quindi un paio d’anni di lavoro dello stesso Harley Race alle dipendenze di Vince McMahon.

Il gigante indiano Dalip Singh
KHALI E L’INCUBO DELL’OMICIDIO – C’è una ragione per cui negli anni oltre quelli commerciali a scorrere sui teleschermi c’erano non solo gli spot commerciali ma anche e soprattutto il ‘Don’t try this….’, letteralmente non fatelo: nonostante la preparazione, nonostante gli allenamenti e quanto di programmato ci possa essere o non essere, è uno sport pericoloso. Già perché quelli che salgono sul ring saranno anche dei super atleti ben addestrati, ma sono pur sempre uomini e l’errore o lo sbaglio è dietro l’angolo cosi come gli infortuni. Al di là di quelli muscolari o ossei che possano essere, due i principali incubi dei lottatori: la rottura delle vertebre e la ‘concussion’, la commozione celebrale. La prima è stata la causa per cui dopo anni di carriera un lottatore della Hall of Fame come Edge ha dovuto dire basta al Wrestling professionistico per il rischio che una frattura occorsagli alla vertebra gli potesse causare l’invalidità o addirittura la morte. Di sicuro più controllata, ma altrettanto pericolosa la seconda e per info basta chiedere al gigante indiano Dalip Singh meglio conosciuto come il nome di The Great Khali. A dire il vero il gigantesco lottatore è si parte in causa ma non dell’infortunio in se. Nel 2001 quando era uno dei testimonial per l’APW (All Pro Wrestling) l’attualmente meglio conosciuto come Great Khali, si ritrovò protagonista di uno dei momenti peggiore per un wrestler professionista: la morte di un collega. Il malcapitato portava il nome di Brian Ong, un lottatore che all’epoca del 28 Maggio 2001 si allenava proprio con Dalip Singh. Niente di maldestro, nessuna manovra sbagliata. A decidere la morte di Ong è stata la negligenza con la quale fu mandato sul ring per gli allenamenti considerando di poco conto la commozione celebrale ottenuta qualche giorno prima. Morale della favola dopo il secondo ‘flapjack’ (mossa con la quale un lottatore viene scaraventato dall’alto verso il basso) la commozione di Ong si trasformò in tragedia. La morte sopraggiunse prima dell’arrivo in ospedale, l’APW e Khali citati in giudizio che nel 2005 si trasformò in accusa di omicidio involontario nei confronti dell’organizzazione costretta a staccare un assegno di 1.300.000 dollari per i danni. L’unica buona notizia di questa triste storia è che la negligenza non toccò mai Dalip Singh che ne uscì pulito continuando la propria carriera.


Il canadese 'contrabbandiere' Dino Bravo
DINO BRAVO E LA MAFIA CANADESE – Mafia, Canada ed un nome ed un cognome: Dino Bravo. Adolfo Bresciano, lottatore italo-canadese che i più attempati ricorderanno anche nella versione di coppia sotto il nome di ‘Bravo Brothers’ insieme ad un altro italo-canadese Dominic DeNucci e con il quale misero ko il duo formato da Mr.Fuji ed il Professor Tanaka. Fino a qui niente di strano. I nodi vennero al pettine a partire dal 1992 anno del suo ritiro e quando Adolfo Bresciano ritiratosi a Montreal aprì una sua scuola di Wrestling. Anche qui tutto normale, ma per usare una nota citazione sarebbe meglio dire: bene, ma non benissimo. Era il 1993 quando all’età di 44 anni il corpo del wrestler canadese venne rinvenuto nella sua casa nel Quebec martoriato da 17 colpi di arma da fuoco sette in testa e dieci al torace. Non un classico incidente di rapina ad un uomo che aveva fatto fortuna con il Wrestling, ma una vera e propria esecuzione mafiosa o secondo alcuni una sorta di regolamento di conti. Già perché a partire dal suo ritiro dal ring e dall’apertura della propria scuola di Wrestling Adolfo ‘Dino Bravo’ Bresciano aveva sfruttato la sua fama come copertura per un giro di contrabbando di sigarette tra il Canada e gli Stati Uniti e numerosi rapporti con la mafia. Ad aggiungere benzina sul fuoco, c’è stato chi non si è detto sorpreso di una cosa del genere visto la sua parentela per matrimonio a Vic Matroni, noto mafioso canadese. 

Domenico Pezzella

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