Jerry Tarkanian nella classica posa con l'asciugamano tra i denti
Che avesse
qualcosa di magico si era capito fin dalla nascita. Figlio di immigrati armeni
fuggiti in America dopo il ‘Genocidio armeno’ avvenuto nel corso della Seconda
Guerra Mondiale. Una vita sempre borderline, dall’inizio alla fine avvenuta
qualche giorno fa dopo una crisi respiratoria che l’ha stroncato. Stava male da
tempo, però, quindi il finale è senza sorpresa ad 84 anni. Una partita l’ha
persa, quella con la malattia. Jerry Tarkanian, per tutti Tark The Shark (lo
squalo), è uno di quei personaggi che passano una volta ogni tanto nella storia
del basket universitario. Forse non ne passeranno più. Un educatore, un uomo di
cuore prima che un grande coach, Tarkanian aveva un feeling speciale coi
giocatori, da tutti considerati, ‘difficili’. Due nomi su tutti: Lloyd ‘Sweet Pee’ Daniels e Chris
Herren entrambi passati in Italia (Pesaro e Fortitudo Bologna). Non si sa per
quale motivo, o forse si sa, lui riusciva ad avere un rapporto speciale proprio
con questi ragazzi: solo lui, nessun’altro ci riusciva. Più l’impresa umana era
difficile, più Tark riusciva a tirare fuori il meglio da questi ragazzi che
potevano avere la salvezza solo tirando una palla a spicchi verso il canestro.
E Tark era lì, al loro fianco, ad aiutarli.
Il giorno della consacrazione, la vittoria del titolo Ncaa con UNLV
Per molti
Tarkanian è il coach ‘dall’asciugamano stretto tra i denti’, era molto altro.
Tanto altro ancora. Inizia dalle high school: prima San Joaquin, poi Antelope
Valley ed infine Redlands. Arriva, nel 1961, la chiamata del piccolo Riverside
City College dove resta fino al 1968. Un passo alla volta, e dopo un record di
67-4 in
quelle stagioni, sale di livello ed approda a Long Beach: cinque anni ed ecco
la chiamata della vita. Nel 1973 fa bagagli e fagotto, arriva a Las Vegas per
guidare i Rebels di UNLV. Ci resta fino al 1992, vince 509 partite, ne perde
105. L’anno d’oro è il 1990: vince il titolo con UNLV, una vera banda che
distrugge, in finale, Duke. Gli antipodi del gioco, della filosofia di vita, di
stile, semplicemente anche nel modo di porsi in campo: una finale che, di
fatto, non c’è mai stata. Suona la sirena, gli sfacciati Rebels hanno asfaltato
i Blu Devils di coach K per 103
a73.
In quella squadra dei sogni ha allenato gente come Larry
Johnson (ex stella degli Charlotte Hornets in NBA), Stacey Augmon e Greg
Anthony. Sempre in Nevada ha allenato Isaiah Rider, Reggie Theus (visto in
Italia a Varese) e proprio Lloyd Daniels (Sweet Pee o Pisellino all’italiana).
Daniels un ragazzo difficile, sempre nei guai ma dal talento sconfinato, aveva
trovato in Tarkanian l’unico in grado di gestirlo, di guidarlo, di tenerlo
lontano dai guai. Due anni dopo vive la pagina più nera a UNLV: sospeso per una
serie di violazioni, le solite del college basket. Nel 1992 la chiamata dalla
NBA, tanto attesa: vola in Texas e va ai San Antonio Spurs ma ci resta solo 20
partite (9-11 il record) e viene silurato. Resta tre anni fermo e poi via,
ancora college, ancora una situazione ‘borderline’: torna in California, ma a
Fresno State. Coi Bulldogs, dal 1995 al 2002, vince 104 partite e ne perde 79.
Numeri. Nella mente c’è un solo nome: Chris Herren. Talento purissimo,
giocatore immenso, cecchino frenetico, la sua vita è stata un film ed ESPN gli
ha dedicato uno dei suoi più grandi documentari ‘Unguarded’ (a fine pezzo c’è
link). Ci vorrebbe un articolo a parte per descrivere la storia del ragazzo di
Fall River.
Tark e Chris Herren, una coppia speciale e sempre unita
La sua vita è fortemente segnata dalla presenza di Tarkanian,
l’unico che l’ha aiutato prima durante e dopo la sua tossicodipendenza. Tark
l’ha voluto a Fresno quando fu scaricato da Boston College, l’ha accudito ed
accolto, ha gioito quando massacrò UMASS sotto una pioggia di insulti, ha
sofferto con lui ed era al suo fianco quando, in diretta Tv nazionale,
dichiarava la sua tossicodipendenza, l’ha aiuto nella riabilitazione, l’ha
ripreso a Fresno, ha pianto quando fu selezionato dai Denver Nuggets in NBA, ha sofferto quando Chris è caduto ancora, ancora ed ancora
un’altra volta (la prima dose di eroina l’ha comprata alla stazione di Bologna
quando vestiva la canotta della Fortitudo), l’ha riabbracciato quando è
risalito dall’inferno. Tark e Chris, per sempre insieme.
Nel 2013 è
entrato nella Hall of Fame del basket, e ci mancherebbe. Ha chiuso la sua
carriera con 939 partite ufficiali vinte e 227 perse. Solo numeri. ESPN, di
lui, ha scritto: "Ha contribuito a rivoluzionare il modo in cui il gioco del
college è stato giocato". Ma l’epitaffio migliore l’ha ‘scritto’ proprio
Herren, uno di quei giocatori che Tarkanian amava e rendeva speciale: “E’ stato
più di un allenatore per me, nei momenti del bisogno lui era sempre lì con me.
Vorrei che venisse ricordato più per le cose fatte fuori dal campo. Ogni volta
che mi vedeva, sorrideva ed illuminava la stanza. Quando a 21 anni annunciai a
tutti i miei problemi con la droga in diretta tv nazionale, lui era al mio
fianco. Una cosa che mi dicevo sempre era “voglio essere un uomo migliore,
vorrei essere migliore per lui”. So di averlo deluso molte volte e di questo
sono dispiaciuto”. Giù il sipario, goodbye Tark.
Camillo Anzoini
Unguarded, il
documentario di ESPN dedicato alla storia di Chris Herren
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