martedì 17 febbraio 2015

GOODBYE ‘TARK THE SHARK’

Jerry Tarkanian nella classica posa con l'asciugamano tra i denti
Che avesse qualcosa di magico si era capito fin dalla nascita. Figlio di immigrati armeni fuggiti in America dopo il ‘Genocidio armeno’ avvenuto nel corso della Seconda Guerra Mondiale. Una vita sempre borderline, dall’inizio alla fine avvenuta qualche giorno fa dopo una crisi respiratoria che l’ha stroncato. Stava male da tempo, però, quindi il finale è senza sorpresa ad 84 anni. Una partita l’ha persa, quella con la malattia. Jerry Tarkanian, per tutti Tark The Shark (lo squalo), è uno di quei personaggi che passano una volta ogni tanto nella storia del basket universitario. Forse non ne passeranno più. Un educatore, un uomo di cuore prima che un grande coach, Tarkanian aveva un feeling speciale coi giocatori, da tutti considerati, ‘difficili’. Due nomi su tutti: Lloyd ‘Sweet Pee’ Daniels e Chris Herren entrambi passati in Italia (Pesaro e Fortitudo Bologna). Non si sa per quale motivo, o forse si sa, lui riusciva ad avere un rapporto speciale proprio con questi ragazzi: solo lui, nessun’altro ci riusciva. Più l’impresa umana era difficile, più Tark riusciva a tirare fuori il meglio da questi ragazzi che potevano avere la salvezza solo tirando una palla a spicchi verso il canestro. E Tark era lì, al loro fianco, ad aiutarli.
Il giorno della consacrazione,
la vittoria del titolo Ncaa con UNLV
 Per molti Tarkanian è il coach ‘dall’asciugamano stretto tra i denti’, era molto altro. Tanto altro ancora. Inizia dalle high school: prima San Joaquin, poi Antelope Valley ed infine Redlands. Arriva, nel 1961, la chiamata del piccolo Riverside City College dove resta fino al 1968. Un passo alla volta, e dopo un record di 67-4 in quelle stagioni, sale di livello ed approda a Long Beach: cinque anni ed ecco la chiamata della vita. Nel 1973 fa bagagli e fagotto, arriva a Las Vegas per guidare i Rebels di UNLV. Ci resta fino al 1992, vince 509 partite, ne perde 105. L’anno d’oro è il 1990: vince il titolo con UNLV, una vera banda che distrugge, in finale, Duke. Gli antipodi del gioco, della filosofia di vita, di stile, semplicemente anche nel modo di porsi in campo: una finale che, di fatto, non c’è mai stata. Suona la sirena, gli sfacciati Rebels hanno asfaltato i Blu Devils di coach K per 103 a 73. In quella squadra dei sogni ha allenato gente come Larry Johnson (ex stella degli Charlotte Hornets in NBA), Stacey Augmon e Greg Anthony. Sempre in Nevada ha allenato Isaiah Rider, Reggie Theus (visto in Italia a Varese) e proprio Lloyd Daniels (Sweet Pee o Pisellino all’italiana). Daniels un ragazzo difficile, sempre nei guai ma dal talento sconfinato, aveva trovato in Tarkanian l’unico in grado di gestirlo, di guidarlo, di tenerlo lontano dai guai. Due anni dopo vive la pagina più nera a UNLV: sospeso per una serie di violazioni, le solite del college basket. Nel 1992 la chiamata dalla NBA, tanto attesa: vola in Texas e va ai San Antonio Spurs ma ci resta solo 20 partite (9-11 il record) e viene silurato. Resta tre anni fermo e poi via, ancora college, ancora una situazione ‘borderline’: torna in California, ma a Fresno State. Coi Bulldogs, dal 1995 al 2002, vince 104 partite e ne perde 79. Numeri. Nella mente c’è un solo nome: Chris Herren. Talento purissimo, giocatore immenso, cecchino frenetico, la sua vita è stata un film ed ESPN gli ha dedicato uno dei suoi più grandi documentari ‘Unguarded’ (a fine pezzo c’è link). Ci vorrebbe un articolo a parte per descrivere la storia del ragazzo di Fall River.
Tark e Chris Herren, una coppia speciale e sempre unita
La sua vita è fortemente segnata dalla presenza di Tarkanian, l’unico che l’ha aiutato prima durante e dopo la sua tossicodipendenza. Tark l’ha voluto a Fresno quando fu scaricato da Boston College, l’ha accudito ed accolto, ha gioito quando massacrò UMASS sotto una pioggia di insulti, ha sofferto con lui ed era al suo fianco quando, in diretta Tv nazionale, dichiarava la sua tossicodipendenza, l’ha aiuto nella riabilitazione, l’ha ripreso a Fresno, ha pianto quando fu selezionato dai Denver Nuggets in NBA, ha sofferto quando Chris è caduto ancora, ancora ed ancora un’altra volta (la prima dose di eroina l’ha comprata alla stazione di Bologna quando vestiva la canotta della Fortitudo), l’ha riabbracciato quando è risalito dall’inferno. Tark e Chris, per sempre insieme.
Nel 2013 è entrato nella Hall of Fame del basket, e ci mancherebbe. Ha chiuso la sua carriera con 939 partite ufficiali vinte e 227 perse. Solo numeri. ESPN, di lui, ha scritto: "Ha contribuito a rivoluzionare il modo in cui il gioco del college è stato giocato". Ma l’epitaffio migliore l’ha ‘scritto’ proprio Herren, uno di quei giocatori che Tarkanian amava e rendeva speciale: “E’ stato più di un allenatore per me, nei momenti del bisogno lui era sempre lì con me. Vorrei che venisse ricordato più per le cose fatte fuori dal campo. Ogni volta che mi vedeva, sorrideva ed illuminava la stanza. Quando a 21 anni annunciai a tutti i miei problemi con la droga in diretta tv nazionale, lui era al mio fianco. Una cosa che mi dicevo sempre era “voglio essere un uomo migliore, vorrei essere migliore per lui”. So di averlo deluso molte volte e di questo sono dispiaciuto”. Giù il sipario, goodbye Tark.

Camillo Anzoini


Unguarded, il documentario di ESPN dedicato alla storia di Chris Herren

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