venerdì 13 febbraio 2015

ALL STAR WEEKEND HISTORY

A febbraio e prima ancora della March Madness del College Basketball, è l’evento più seguito del basket Americano: l’All Star Game, la partita delle stelle, il momento in cui tutti i migliori giocatore della Nba scendo in campo nello stesso momento l’uno contro l’altro. Ed allora ecco alcuni cenni di accadimenti nei decenni della storia Nba a partire – ovviamente – dall’evento numero uno in assoluto.

A sinistra Ed Macauley. Primo Mvp
nella storia dell'All Star Game
1950s –  Correva l’anno 1951. Il basket a stelle e strisce era ai minimi storici della popolarità dopo i fatti divenuti di dominio pubblico e legati al mondo del College. Serviva una spinta, serviva un collante, serviva un’esplosione di entusiasmo ed ecco arrivare l’invenzione della Nba: l’All Star Game; la partita delle stelle. A dire il vero l’unico a credere che mettere l’Est e l’Ovest l’uno contro l’altro per stabile quale Conference era la migliore, fu solo il proprietario dei Celtics Walter Brown. Per convincere l’intera Lega si assunse tutti i rischi della riuscita dell’evento per il quale tutti si attendevano un fiasco e una umiliazione pubblica. Risultato: 3500 spettatoti – non il tutto esaurito – ed Est è che mise ko l’Ovest con il punteggio di 111-94 sotto la guida del Celtic Ed ‘Easy’ Macauley che domò il dirimpettaio gigante Mikan. Un raggio di sole sul basket e sulla Nba, ma soprattutto la prima partita ‘stellata’ di una ‘costellazione’ che ormai tutti attendono nel mese di febbraio.  Anno 1958 dopo quasi otto anni di All Star Game e di un Mvp individuato come colui che guida la squadra alla vittoria, accade anche questo: Bob Pettit diviene il primo giocatore a vincere un titolo di Mvp da ‘perdente’ (l’Est vince ancora con il punteggio di 130-118). Il motivo? I 28 punti ed i 26 rimbalzi contro una squadra che Aveva Cousy (colui che portò l’est alla vittoria nel secondo tempo) ed il miglior centro dominante dell’epoca Bill Russell, non potevano passare inosservati. Restando in tema di Mvp l’anno successivo nel 1959 arrivò anche il primo co-Mvp assegnato di diritto al rookie Elgin Baylor e al veterano di cui sopra Bob Pettit che quindi scrive doppietta.

Wilt Chamberlain
1960s – Gli anni sessanta purtroppo per gli avversari, per fortuna di chi si gustava il tutto dagli spalti, sono stati caratterizzati da tre nomi: Oscar Robertson e la rivalità tra Bill Russell e Wilt Chamberlain. Partendo da questi ultimi due ad onor del vero le scintille nel caso specifico della gara delle ‘stelle’ è iniziata da quando nel febbraio del 1963 i due lunghi più dominanti della Lega non dovettero più firmare tregue dalla regular season, ma continuarono a lottare uno contro l’altro anche nel giorno dello show: i Warriors passarono da Philadelphia a San Francisco di conseguenza Wilt da Est passa all’Ovest, ma in campo a vincere la sfida e titolo di Mvp fu ancora il totem dei Celtics (l’anno prima nel 1962 Chamberlain ancora a secco nonostante la prestazione mostruosa). Bypassando il 1964 e l’affermazione di un Oscar Robertson da 26 punti ponendo le basi per la sua storia personale (l’unico insieme a Pettit e Jordan a vincere almeno tre o più titoli di Mvp), l’evento nell’evento arriva nel 1965: uno dei più incandescenti della storia. L’Est sciupa un vantaggio di 16 punti, Jerry Lucas sgomita a suon di canestri tra giganti come Chamberlain, Jerry West, Russell e chi più ne ha più ne metta e due giorni dopo questo show, il lungo che scriverà la storia Nba con 100 punti segnati in una singola partita viene spedito da San Francisco a Philadelphia nella trade che devastò gli allori equilibri della Lega regalando a Philadelphia il titolo nel 1967. Intanto accadeva anche che Rick Barry segnava 32 punti in 38 minuti, mentre nel 1968 Hal Greer – compagno di squadra di Wilt Chamberlain ai Sixers vince il titolo di Mvp con soli 17 minuti giocati.

Randy Smith dei Buffalo Braves
1970s – Nel 1971 arriva il primo ‘Silver Anniversary’ della partita delle stelle letteralmente inventata dal proprietario dei Celtics Walter Brown. Edizione che vide un Jabbar di primo pelo assaporare il gusto amaro della sconfitta in termini personali di Mvp, ma poi la storia dice che ebbe modo di rifarsi nelle successive 17 edizioni dell’All Star Game. Nel 1972 è ‘Mister Logo’ Jerry West a portarsi a casa il titolo di Mvp con il tiro della vittoria per l’Ovest allo scadere. Il 1977 fu l’anno di colui che nella ABA aveva scioccato tutti con schiacciate o layup rovesciati galleggiando sopra o sotto il ferro: Julius ‘Doctor J’ Erving. Erving arriva nella Nba quando quest’ultima ingloba la ABA nel 1977 e la città di Milwaukee assiste al primo vero show del ‘Doctor’ in versione stellare anche se l’Est perde il confronto. Ma i duelli, le carriere e i risultati di Kareem Abdul-Jabbar o di Julius Erving sono sotto gli occhi di tutti, ma quello che negli anni settanta sicuramente scioccò per un attimo il mondo Nba fu l’unico momento di gloria per la città di Buffalo nella Nba. Anno 1978 Atlanta, dai Buffalo Braves viene selezionato Randy Smith. Capigliatura afro, componente della panchina e fino a quel momento solo star locale alla Buffalo State University e successivamente dei Braves. Cinque falli in tempo e titolo di Mvp finale con 27 punti (11/14), sette rimbalzi e sei assist. Una performance che venne rinominata ‘out of nowhere Mvp’.

Magic vs Bird. Celtics vs Lakers
1980s – E qui arriviamo al momento cruciale. Arriviamo al momento in cui il basket a stelle e strisce e la Lega Nba compie la prima vera mutazione della sua storia, il primo vero passo verso quella consacrazione globale che oggi ne fa una delle Leghe sportive più seguite e conosciute al mondo. Il tutto grazie agli anni ottanta (qualche nostro amico che cito con nome d’arte 'Guido Back to the Eighties' direbbe gli anni migliori sotto parecchi punti di vista se non tutti) e la dimostrazione sono la miriadi di eventi e di elementi da sottolineare solo per quanto riguarda l’All Star Game, figurarsi per l’intera regular season. Ecco perché nello stuzzicare la vostra conoscenza dell’vento andremo avanti con cenni veloci ma significativi. Anno 1980 basta una sola indicazione: quello del debutto nella Nba di Larry Bird e Magic Johnson, due che da qualche altra parte all’Università si erano già incontrati e quindi era solo questione di cambio di palcoscenico. Anno 1982 quello della famosissima striscia di 12 punti nei sei minuti finali di Bird che divenne poi Mvp della serata. Anno 1983 troppo scontato parlare del campo ed allora il tutto si focalizzò sulla presenza e sulla rivoluzionaria interpretazionedi Marvin Gaye al Forum di Los Angeles per l’inno nazionale che precedette la partita (Doctor J fu l’Mvp, mentre Magic scrisse la storia con 16 assist). Quello che oggi definiamo All Star Weekend nasce nel 1984 con l’introduzione per la prima volta anche dell’All Star Saturday. Con cosa? La gara delle schiacciate. Il primo a portarsi a casa il trofeo fu Larry Nance che in finale oscurò un re della schiacciata come Julius Erving (nella gara della domenica l’Mvp andò ad Isiah Thomas con 21 punti nel secondo tempo). Ufficialmente dal 1985 in poi la domenica non era il solo giorno più atteso dell’All Star Weekend. 
Marvin Gaye cantò l'inno
nazionale nel 1983
Lo Slam Dunk Contest acquisiva consensi senza fine grazie anche alla spinta che arrivò da Terence Stansbury e la schiacciata in onore della Statua della Libertà. Stesso discorso nel 1986 quando a finire sotto le luci della ribalta fu il piccolissimo Spud Webb si portò a casa il titolo di miglior schiacciatore della kermesse dall’alto dei suoi 170 cm. Per info chiedere a Dominique Wilkins che di schiacciate qualcosa ne capisce. Sempre nel 1986 arriva la gara del tiro da tre punti, mentre nel 1988 arrivarono i primi momenti di storia: Bird ancora cecchino infallibile, mentre Dominique Wilkins e Michael Jordan danno vita allo show nello show più indimenticato della storia dell’All Star Game: la gara delle schiacciate. Ebbene si quella in cui Jordan stacca dalla lunetta e crea letteralmente il logo che attualmente contraddistingue il suo marchio. 

Magic Johnson e il titolo di Mvp nel 1992
dopo la sua dichiarazione di aver contratto l'HIV
1990s – L’impronta arrivata dagli anni ottanta esplode letteralmente nella decade successiva. La Nba è un culto ovunque, gli atleti e le superstar aumentano a dismisura cosi come la popolarità e la curiosità di vederle tutte assieme una contro l’altra. Si parte con il 1990 e la performance da 17 punti e 22 rimbalzi di Sir Charles Barkley nel giorno del ritorno di Jordan nel North Carolina con la partita delle stelle di scena a Charlotte. Il 1991 porta il nome di Dee Brown che vinse il titolo di miglior schiacciatore con quella che poi divenne un ‘Cult’ della categoria: la schiacciata con braccio che copre gli occhi anche se poi la particolarità fu che prima della schiacciata lo stesso Brown si gonfiò le sue Reebok Pump, altro ‘Cult’ dell’epoca. Il clou degli anni novanta in termini di emozioni, però, arrivò nel 1992  ovvero quando Magic Johnson aveva da poco scioccato il mondo dichiarando di aver contratto il virus dell’HIV. Di li a poco il ritiro, ma prima una delle migliori prestazioni della storia dell’All Star Game. Quel che successe in campo e alla fine della partita in termini di abbracci fa parte del patrimonio storico di questa Lega. 
Nel 1994 viene introdotto il Rookie Game che Iverson vinse nel 1997, quando fu introdotto per la prima volta il club dei migliori 50 giocatori di sempre della storia Nba. Nello stesso weekend Kobe Bryant vince la sua prima ed unica gara delle schiacciate, mentre alla domenica Glen Rice fa suo il titolo di Mvp con Michael Jordan che chiuse in tripla doppia con 14 punti, 11 assist e 11 rimbalzi. Per onor di cronaca Jordan vinse il titolo di Mvp nel 1998.

Jordan e Bryant durante l'ASG del 2003
2000s – Quelli del nuovo millennio sono stati e continuano ad essere gli anni del definitivo passaggio di consegna tra la vecchia e la nuova Nba. Una Nba ormai molto ma molto di più di un evento globale e facilmente raggiungibile e godibile rispetto a chi aveva pochi mezzi a disposizione, tramite il satellite ed internet. Ed è per questo che è quella Nba di cui narreremo poco se non indicando alcuni momenti speciali. Ma anche in questi ci limiteremo a semplici indicazioni, non abbiamo certo la presunzione di rimembrare fatti ed accadimenti che per gli amanti della palla a spicchi sono scontati. Ed allora il rush finale parte dal 2000 e lo show di ‘Vincredible’ aka Vince Carter nello Slam Dunk Contest. Nel 2001 vengono notificati e resi noti i migliori 50 giocatori di ogni epoca. Non si poteva scegliere anno migliore, visto quello che si vide in campo con l’Est guidata da Iverson in versione Mvp (si l’anno del Where is my coach?) che in rimonta riuscì a mettere ko l’Ovest della coppia Bryant-O’Neal. Nel 2002 lo stesso Bryant si prese la sua personale rivincita vincendo e volendo a tutti i costi il titolo di Mvp nella sua natia Philadelphia, anche se quella edizione di All Star Game viene e verrà sempre ricordata per quello che Tracy McGrady fece sulla testa di Dirk Nowitzki. Alley oop personale con palla al tabellone in transizione e con il tedesco davanti.
Il volo di Robinson sulla testa di Howard
Il resto anche qui è storia. Nel 2003 il definitivo passaggio di consegne. Jordan, tornato in campo, si ritira ancora una volta. Gioca il suo ultimo All Star Game in quello che qualcuno – me compreso – ha definito come la festa rovinata da Kobe Bryant nel giorno di ‘Sua Maestà’ con Carter super votato dai tifosi che cedette il proprio posto in quintetto proprio a Jordan. Doppio Overtime con Bryant che per n paio di volte rovinò la festa, Ovest porta a casa il match e di conseguenza Garnett il titolo di Mvp che in tanti avrebbero voluto vedere ancora una volta nelle mani del più grande di sempre. Il 2004 segna la definitiva nascita della nuova era: arrivano LeBron James, Wade, Anthony ed il Rookie Challenge, ma a dominare al momento sono ancora i veterani e nello specifico Shaq. Nel 2006 Iguodala schiaccia partendo dal retro del canestro, Nate Robinson sulla testa di Spud Webb. Nel 2008 arriva Dwight Superman Howard, nel 2009 la ‘KriptoNate’ con Robinson che schiaccia letteralmente saltando Dwight Howard e trionfando ancora nel 2010 nell’All Star Game dei record nello stadio dei Cowboys saltando tutta la linea delle Cheerleader. Dal 2011 è ormai storia moderna, storia contemporanea dove vogliamo solo citare un evento recente: il primo italiano a trionfare in un evento dell’All Star weekend, Marco Belinelli che quest’anno nella Grande Mela partirà da detentore del titolo della gara del tiro da tre punti.


Marco Belinelli, vincitore dello scorso Three point Contest
GLI EVENTI DI QUESTO WEEKEND – Si parte questa notte con il clou rappresentato dal classico match del Rising Stars Challenge che questa volta verrà contrapposta la squadra ‘WORLD’ contro quella USA (diretta Sky a partire dalle 3.00 italiane). Gli appassionati, però, non attendono altro che il sabto prima ancora della domenica. Tolte le prime incombenze della notte attraverso i vari Skills Challenge ed altri eventi, anche qui il clou è tutto nel finale. Gara del tiro da tre punti dove scenderà in campo Marco Belinelli da detentore del titolo. Contro di lui Steph Curry, Klay Thompson, Kyle Korver, JJ Redick, Kyrie Irving, James Harden e Wesley Matthews. A chiusura del sabato stellato lo Slam Dunk Contest. A contendersi il titolo Gianni Antetokounmpo, Zach LaVine, Victor Oladipo e Mason Plumlee (in diretta sempre su SkySport2 dalle 2.30). Ventiquattro ore più tardi lo show degli show: il 64esimo All Star Game. 

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