Dopo la scimmia scrollata dalla spalla di LeBron che
finalmente gli ha consegnato il Larry O’Brien Trophy, dopo il dominio degli
Heat ed il ‘back to back’, dopo il fascino dell’armata dei vecchietti che mette
sotto ancora una volta The Chones One, Wade e i Big Three costruiti da Pat
Riley per dominare la Lega, la Nba aveva bisogno di qualcosa di particolare per
stupire un palato ormai diventato troppo fine dopo gli ultimi accadimenti. Serviva
un effetto sorpresa, serviva un asso nella manica per strabiliare tutti. Estate
infuocata: LeBron James torna a Cleveland. BOOM. Si vero una bomba, ma il raggio
d’azione dell’onda d’urto della decisione di LBJ di vestire i panni del
figliuol prodigo aveva avuto poca incidenza. Il motivo? Non certo l’importanza
della questione, ma semplicemente il fatto che l’idea era ormai talmente
diffusa negli ambienti e nei corridoi della Nba che è sembrato più un buco nell’acqua.
Insomma uno ‘Splash’. E si proprio quello. Probabilmente lo sceneggiatore di
questa stagione aveva già previsto tutto. Dal ‘BOOM’ allo ‘SPLASH’, da LeBron James agli ‘Splash Brothers’, a
Steph Curry e Klay Thompson. Da Cleveland a Golden State. Ma possibile però
che tutto poteva riassumersi cosi? Ancora una volta troppo facile, ancora una
volta prevedibile o se vogliamo mancante di quel pepe necessario a creare un
prurito al naso e la voglia di grattarsi che tramutato in aspettative fanno di
quella che sta arrivando come una delle Finals più attese degli ultimi anni. Cosa
mancava? Mancava il contorno. Mancava quello che noi addetti ai lavori della ‘penna
ed il taccuino’ indiciamo come il ‘colore’. Quella pennellata di storie, quella
pennellate di situazioni, di persone, incidenti di percorso che danno a tutto
il resto un tocco diverso. Ed allora il ‘coast to coast’ da Est ad Ovest è
stato arricchito con un allenatore novellino ma fresco di vittoria in Eurolega,
un paio di australiani – uno per parte per non offendere nessuno – un russo, un
coach biondino che l’ultima volta ha vissuto un’aria del genere non è stato
certo per merito suo e che ora invece è il ‘burattinaio che muove i fili di una
delle squadre più belle da vedere della Nba.
Manca qualcosa? Ah si dimenticavo, solo ed esclusivamente l’Mvp
della stagione contro il quattro volte Mvp della Lega. La speranza è che
abbiate dormito abbastanza in questi giorni per non perdervi nemmeno un minuto
di quanto accadrà in campo. Non perdete l’occasione di dire: ‘io l’ho visto dal
vivo’.
Stephen Curry vs Kyrie Irving
Due il cui personale destino li ha portati giustamente nel
luogo migliore in cui essere. E dire che il primo non doveva nemmeno esserci.
In Finale? No nella Nba. Anzi facciamo cosi nella Ncaa. Si perché quando è
uscito dalla High School era considerato troppo piccolo persino per il College.
Provate a girare oggi per i vari College che non hanno vinto il titolo in Marzo
e di sicuro troverete un poveretto rinchiuso in una stanza a rosicare un panno
per aver risposto in maniera negativa alla richiesta del figlio di Dell. Lo
stesso che invece nella stanza di Davidson invece gioisce, salta, si inginocchia
con le mani alzate invocando il nome di Curry o semplicemente ‘SPLASH’. Si perchè
questa è anche e soprattutto una vittoria di Davidson, un College che da metà
giugno potrebbe vantarsi di aver avuto un Campione Nba oltre che Mvp della Lega
nel suo ateneo.
Il secondo? Beh giocare a Duke all’Università non è certo un
qualcosa su cui recriminare guardandosi indietro. Eppure quell’anno dell’uscita
c’era proprio lei ad aspettarlo: Cleveland. I Cavs privi di LeBron. Del
presidente Gilbert che aveva giurato di vincere un titolo prima di James e che
invece oltre allo stesso Irving non riusciva a fare altro che racimolare
sconfitte e stagioni non certo da titolo. Insomma destinato a divenire uno dei
giocatori più spettacolari e promettenti della Lega passati per Cleveland per
poi vincere altrove. ‘BOOM’. Ora è il braccio destro di LeBron. L’uomo da cui
prendere l’eredità definitiva. L’uomo che potrebbe regalargli il suo primo
titolo in carriera. Insomma nessuno dei due doveva esserci, non era previsto
per nessuno dei due apparire sul palcoscenico del 2015. Primo punto per lo
sceneggiatore delle Finals.
Klay Thompson vs Iman Shumpert
Harrison Barnes vs Lebron James
Tenete aperta la lista delle ‘Sliding Doors’. Questa però
non ve la raccontiamo subito. Questa ce la serbiamo per la fine. Nel bene o nel
male Harrison Barnes sarà uno degli uomini del destino dei Warriors. ‘Falcone
Nero’. Cosi viene chiamato e già questo meriterebbe una spulciatina per capire
di cosa stiamo parlando. L’altra parte del duello? Si rinvia a giudizio ogni
tipo di considerazione su LeBron James. Quella sulle sue spalle al momento è una
responsabilità troppo grande. L’esercito delle scimmie che si porta dietro da
Ottobre sta decidendo se arrendersi o ribellarsi. Se concedergli la gloria o lo
scherno di un pianeta intero. Punto perso per lo sceneggiatore. Troppo
prevedibile 2-1.
Dreymond Green vs Tristan Thompson
Andrew Bogut vs Timofey Mozgov
Da questo momento in poi quella che può essere tributata
allo ‘sceneggiatore’ delle Finals 2015 non può che essere una sorta di standing
ovation. Nell’anno del ‘destino’, nell’anno delle ‘sliding doors’ e dei
protagonisti inattesi come non aggiungere un Green da elemento stabilizzatore e
decisivo dei Warriors di Steve Kerr (anche se provate a rileggerlo la sostanza
non cambia è proprio quello che c’è scritto) quello di cui non può fare a meno.
‘SPLASH’. Ma poi perché non aggiungere un giocatore che era destinato a vedere
scampoli di partita perché nonostante tutto Kevin Love doveva bombardare tutto
e tutti. ‘BOOM’. Qualcuno l’ha già ribattezzato come il Rodman dei primi anni.
Un concentrato di furia agonistica che si ritroverà di fronte il suo alter ego
per una sfida che promette fuoco e fiamme. Ma il resto della sala si alza in
piedi nell’applaudire quando ad un certo punto sullo schermo insieme alle
parole Nba Finals e l’anno 2015 compare il nome di Timofey Mozgov. Si lo stesso
che a New York veniva deriso da tutti prima di essere osannato per una sera di
grazia ed essere tornato ad essere oggetto di scherno della Grande Mela. Si lo
stesso che a Denver, che a Denver, che a Denver…Beh normale dai per essere
buoni. Un russo voluto dall’allenatore della nazionale russa. Altro soldato
dell’armata lebroniana. Poi c’è lui: l’australiano: Bogut. Sette anni nel
Wisconsin fino al 2012. Sette anni in cui si è parlato più dei suoi infortuni
che del talento intravisto dalla franchigia del Wisconsin nel natio di
Melbourne (solo per essere precisi nello stesso anno: N°3 Deron Williams, N°4
Chris Paul. ‘BOOM, SPLASH’). E ora? E ora è in lizza per portarsi a casa un
anello che potrebbe cambiargli la vita.
Eppure nonostante tutto mancava ancora qualcosa. Mancava la
ciliegina sulla torta. E ciliegina è stata.
Matt Dellavedova
Se non foste mai a conoscenza della sua esistenza e vi
fermassero per strada chiedendovi che sport potrebbe fare questo ragazzotto dai
capelli biondi e dal sorriso smagliante, la risposta pallacanestro, forse non
sarebbe nemmeno elaborata dal cervello. Golfista, tiro a bersaglio, o qualsiasi
cosa che non abbai a che fare con uno sport dal contatto fisico al limite come
il basket, figurarsi con la Nba. Eppure l’altra faccia della medaglia
australiana presente in finale è proprio lui. L’idolo dei tifosi di St.Mary
University. L’uomo che mandava in visibilio il pubblico ad ogni tripla e al
quale lo speaker dedicava quella ventina di secondi per pronunciare il suo nome
allungandolo come si fa con le superstar. Fisico della persona comune e del
vicino della porta accanto, spirito da rugbista se ce ne uno. Coriaceo,
indomito, impavido, ma soprattutto determinato. Letteralmente a gomitate,
entrate nelle gambe e chi più ne ha più ne metta, si è conquistato un posto nel
roster e poi nel cuore di Blatt. Cambio naturale di Irving in regia. Il ‘Dirty Man’
che mancava a questa serie. La storia nella storia che a conti fatti potrebbe
suggellare il successo generale di questo 2015 come uno dei migliori di sempre
della Lega. E allora perchè non cantare anche noi 'DELLY', 'DELLY', 'DELLY'
David Blatt vs Steve Kerr
‘Culoni’. Li avrebbe definiti cosi il mitico Marcozzi. Coloni
come il Frosinone nella sfida contro il Giulianova diventata una delle chicche
più guardate del web. Da una parte un americano di origini israeliane che dopo
i colossi del basket europeo sul tetto dell’Europa c’è salito con il Maccabi,
con una squadra ‘normale’ tra le giganti. Una sliding doors se ce ne è una che
potrebbe divenire ancora più grande a metà giugno. Quando si vince l’Eurolega
con una squadra data per spacciata dai quarti di Finali, pensi ok cosa ci può
essere di meglio? ‘BOOM’. Cleveland Cavaliers, LeBron James e la possibilità di
vincere dall’altro capo del mondo con uno dei più forti giocatori a stelle e
strisce. Dato già per esonerato prima ancora del training camp, il Blatt
pensiero ha conquistato persino LeBron che aveva dichiarato di aver chiesto la
sua testa. Coraggio, faccia tosta e il fato che lo irradiava: ‘BOOM’. Finale
Nba. Dall’altra parte della barricata da dirimpettaio c’è l’uomo famoso per
aver messo dentro l’unico dei due palloni passati nei finali scottanti della
storia delle Finali di Michael Jordan ed i Chicago Bulls. Un piccolino biondo
che fino al 2014 è passato dalle scrivanie delle rete televisive della TNT e
CBS a quelle del front office dei Phoenix Suns come General Manager. Nel 2014,
però, decide che vuole allenare. Golden State lo sceglie, gli consegna Curry e
Thompson e il resto è storia, persino essere la voce narrante del videogames
Nba2K. ‘SPLASH’.
Domenico Pezzella
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