giovedì 4 giugno 2015

DAL 'BOOM' ALLO 'SPLASH', ECCO LE NBA FINALS 2015

Dopo la scimmia scrollata dalla spalla di LeBron che finalmente gli ha consegnato il Larry O’Brien Trophy, dopo il dominio degli Heat ed il ‘back to back’, dopo il fascino dell’armata dei vecchietti che mette sotto ancora una volta The Chones One, Wade e i Big Three costruiti da Pat Riley per dominare la Lega, la Nba aveva bisogno di qualcosa di particolare per stupire un palato ormai diventato troppo fine dopo gli ultimi accadimenti. Serviva un effetto sorpresa, serviva un asso nella manica per strabiliare tutti. Estate infuocata: LeBron James torna a Cleveland. BOOM. Si vero una bomba, ma il raggio d’azione dell’onda d’urto della decisione di LBJ di vestire i panni del figliuol prodigo aveva avuto poca incidenza. Il motivo? Non certo l’importanza della questione, ma semplicemente il fatto che l’idea era ormai talmente diffusa negli ambienti e nei corridoi della Nba che è sembrato più un buco nell’acqua. Insomma uno ‘Splash’. E si proprio quello. Probabilmente lo sceneggiatore di questa stagione aveva già previsto tutto. Dal ‘BOOM’ allo ‘SPLASH’, da LeBron James agli ‘Splash Brothers’, a Steph Curry e Klay Thompson. Da Cleveland a Golden State. Ma possibile però che tutto poteva riassumersi cosi? Ancora una volta troppo facile, ancora una volta prevedibile o se vogliamo mancante di quel pepe necessario a creare un prurito al naso e la voglia di grattarsi che tramutato in aspettative fanno di quella che sta arrivando come una delle Finals più attese degli ultimi anni. Cosa mancava? Mancava il contorno. Mancava quello che noi addetti ai lavori della ‘penna ed il taccuino’ indiciamo come il ‘colore’. Quella pennellata di storie, quella pennellate di situazioni, di persone, incidenti di percorso che danno a tutto il resto un tocco diverso. Ed allora il ‘coast to coast’ da Est ad Ovest è stato arricchito con un allenatore novellino ma fresco di vittoria in Eurolega, un paio di australiani – uno per parte per non offendere nessuno – un russo, un coach biondino che l’ultima volta ha vissuto un’aria del genere non è stato certo per merito suo e che ora invece è il ‘burattinaio che muove i fili di una delle squadre più belle da vedere della Nba.
Manca qualcosa? Ah si dimenticavo, solo ed esclusivamente l’Mvp della stagione contro il quattro volte Mvp della Lega. La speranza è che abbiate dormito abbastanza in questi giorni per non perdervi nemmeno un minuto di quanto accadrà in campo. Non perdete l’occasione di dire: ‘io l’ho visto dal vivo’.

Stephen Curry vs Kyrie Irving
Due il cui personale destino li ha portati giustamente nel luogo migliore in cui essere. E dire che il primo non doveva nemmeno esserci. In Finale? No nella Nba. Anzi facciamo cosi nella Ncaa. Si perché quando è uscito dalla High School era considerato troppo piccolo persino per il College. Provate a girare oggi per i vari College che non hanno vinto il titolo in Marzo e di sicuro troverete un poveretto rinchiuso in una stanza a rosicare un panno per aver risposto in maniera negativa alla richiesta del figlio di Dell. Lo stesso che invece nella stanza di Davidson invece gioisce, salta, si inginocchia con le mani alzate invocando il nome di Curry o semplicemente ‘SPLASH’. Si perchè questa è anche e soprattutto una vittoria di Davidson, un College che da metà giugno potrebbe vantarsi di aver avuto un Campione Nba oltre che Mvp della Lega nel suo ateneo.
Il secondo? Beh giocare a Duke all’Università non è certo un qualcosa su cui recriminare guardandosi indietro. Eppure quell’anno dell’uscita c’era proprio lei ad aspettarlo: Cleveland. I Cavs privi di LeBron. Del presidente Gilbert che aveva giurato di vincere un titolo prima di James e che invece oltre allo stesso Irving non riusciva a fare altro che racimolare sconfitte e stagioni non certo da titolo. Insomma destinato a divenire uno dei giocatori più spettacolari e promettenti della Lega passati per Cleveland per poi vincere altrove. ‘BOOM’. Ora è il braccio destro di LeBron. L’uomo da cui prendere l’eredità definitiva. L’uomo che potrebbe regalargli il suo primo titolo in carriera. Insomma nessuno dei due doveva esserci, non era previsto per nessuno dei due apparire sul palcoscenico del 2015. Primo punto per lo sceneggiatore delle Finals.

Klay Thompson vs Iman Shumpert
 Se sfogliando le pagine del libro del destino dei due in precedenza, nessuno dei due avrebbe dovuto essere qui, cosa si potrebbe dire di Thompson ed Iman Shumpert. Rifate lo stesso gioco, tornate indietro. Undicesima e diciassettesima scelta assoluta al Draft del 2011. Golden State e New York Knicks. Un altro figlio illustre da una parte con buona difesa ed un tiro che prometteva bene, un ragazzotto di colore proveniente da Georgia Tech che nel suo anno ai Knicks divenne famoso per la capigliatura, l’amicizia con Jr Smith (guarda un po’) e qualche esultanza esuberante, che per le reali prodezze in campo. Fast Forward. Il figlio di Michael uno dei giocatori più letali dalla lunga distanza della Lega per tecnica e l’altezza dalla quale scocca il tiro. Il figlio degli anni 90 uno dei giocatori su cui LeBron ripone le speranze per diventare definitivamente l’indiscusso Re dell’Ohio. 2-0 per lo sceneggiatore.

Harrison Barnes vs Lebron James
Tenete aperta la lista delle ‘Sliding Doors’. Questa però non ve la raccontiamo subito. Questa ce la serbiamo per la fine. Nel bene o nel male Harrison Barnes sarà uno degli uomini del destino dei Warriors. ‘Falcone Nero’. Cosi viene chiamato e già questo meriterebbe una spulciatina per capire di cosa stiamo parlando. L’altra parte del duello? Si rinvia a giudizio ogni tipo di considerazione su LeBron James. Quella sulle sue spalle al momento è una responsabilità troppo grande. L’esercito delle scimmie che si porta dietro da Ottobre sta decidendo se arrendersi o ribellarsi. Se concedergli la gloria o lo scherno di un pianeta intero. Punto perso per lo sceneggiatore. Troppo prevedibile 2-1.

Dreymond Green vs Tristan Thompson
Andrew Bogut vs Timofey Mozgov
Da questo momento in poi quella che può essere tributata allo ‘sceneggiatore’ delle Finals 2015 non può che essere una sorta di standing ovation. Nell’anno del ‘destino’, nell’anno delle ‘sliding doors’ e dei protagonisti inattesi come non aggiungere un Green da elemento stabilizzatore e decisivo dei Warriors di Steve Kerr (anche se provate a rileggerlo la sostanza non cambia è proprio quello che c’è scritto) quello di cui non può fare a meno. ‘SPLASH’. Ma poi perché non aggiungere un giocatore che era destinato a vedere scampoli di partita perché nonostante tutto Kevin Love doveva bombardare tutto e tutti. ‘BOOM’. Qualcuno l’ha già ribattezzato come il Rodman dei primi anni. Un concentrato di furia agonistica che si ritroverà di fronte il suo alter ego per una sfida che promette fuoco e fiamme. Ma il resto della sala si alza in piedi nell’applaudire quando ad un certo punto sullo schermo insieme alle parole Nba Finals e l’anno 2015 compare il nome di Timofey Mozgov. Si lo stesso che a New York veniva deriso da tutti prima di essere osannato per una sera di grazia ed essere tornato ad essere oggetto di scherno della Grande Mela. Si lo stesso che a Denver, che a Denver, che a Denver…Beh normale dai per essere buoni. Un russo voluto dall’allenatore della nazionale russa. Altro soldato dell’armata lebroniana. Poi c’è lui: l’australiano: Bogut. Sette anni nel Wisconsin fino al 2012. Sette anni in cui si è parlato più dei suoi infortuni che del talento intravisto dalla franchigia del Wisconsin nel natio di Melbourne (solo per essere precisi nello stesso anno: N°3 Deron Williams, N°4 Chris Paul. ‘BOOM, SPLASH’). E ora? E ora è in lizza per portarsi a casa un anello che potrebbe cambiargli la vita.

Eppure nonostante tutto mancava ancora qualcosa. Mancava la ciliegina sulla torta. E ciliegina è stata.

Matt Dellavedova
Se non foste mai a conoscenza della sua esistenza e vi fermassero per strada chiedendovi che sport potrebbe fare questo ragazzotto dai capelli biondi e dal sorriso smagliante, la risposta pallacanestro, forse non sarebbe nemmeno elaborata dal cervello. Golfista, tiro a bersaglio, o qualsiasi cosa che non abbai a che fare con uno sport dal contatto fisico al limite come il basket, figurarsi con la Nba. Eppure l’altra faccia della medaglia australiana presente in finale è proprio lui. L’idolo dei tifosi di St.Mary University. L’uomo che mandava in visibilio il pubblico ad ogni tripla e al quale lo speaker dedicava quella ventina di secondi per pronunciare il suo nome allungandolo come si fa con le superstar. Fisico della persona comune e del vicino della porta accanto, spirito da rugbista se ce ne uno. Coriaceo, indomito, impavido, ma soprattutto determinato. Letteralmente a gomitate, entrate nelle gambe e chi più ne ha più ne metta, si è conquistato un posto nel roster e poi nel cuore di Blatt. Cambio naturale di Irving in regia. Il ‘Dirty Man’ che mancava a questa serie. La storia nella storia che a conti fatti potrebbe suggellare il successo generale di questo 2015 come uno dei migliori di sempre della Lega. E allora perchè non cantare anche noi 'DELLY', 'DELLY', 'DELLY'

David Blatt vs Steve Kerr
‘Culoni’. Li avrebbe definiti cosi il mitico Marcozzi. Coloni come il Frosinone nella sfida contro il Giulianova diventata una delle chicche più guardate del web. Da una parte un americano di origini israeliane che dopo i colossi del basket europeo sul tetto dell’Europa c’è salito con il Maccabi, con una squadra ‘normale’ tra le giganti. Una sliding doors se ce ne è una che potrebbe divenire ancora più grande a metà giugno. Quando si vince l’Eurolega con una squadra data per spacciata dai quarti di Finali, pensi ok cosa ci può essere di meglio? ‘BOOM’. Cleveland Cavaliers, LeBron James e la possibilità di vincere dall’altro capo del mondo con uno dei più forti giocatori a stelle e strisce. Dato già per esonerato prima ancora del training camp, il Blatt pensiero ha conquistato persino LeBron che aveva dichiarato di aver chiesto la sua testa. Coraggio, faccia tosta e il fato che lo irradiava: ‘BOOM’. Finale Nba. Dall’altra parte della barricata da dirimpettaio c’è l’uomo famoso per aver messo dentro l’unico dei due palloni passati nei finali scottanti della storia delle Finali di Michael Jordan ed i Chicago Bulls. Un piccolino biondo che fino al 2014 è passato dalle scrivanie delle rete televisive della TNT e CBS a quelle del front office dei Phoenix Suns come General Manager. Nel 2014, però, decide che vuole allenare. Golden State lo sceglie, gli consegna Curry e Thompson e il resto è storia, persino essere la voce narrante del videogames Nba2K. ‘SPLASH’.

Domenico Pezzella


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