domenica 25 gennaio 2015

LA STELLA DI WEISZ AL CIVICO 14

Roberto Solofria interpreta Arpad Weisz al Civico 14 (foto Ghidelli)
Il Teatro Civico 14 di Caserta è una delle realtà culturali più belle, genuine ed indipendenti della mia città. Un progetto che va avanti da anni tra mille sacrifici e sforzi dei suoi ideatori. Qui sono passati grandi del teatro, nazionali e non. Qui c’è voglia di lavorare bene senza fermarsi all’apparenza ed alla normalità dei calendari. Conosco quasi tutti coloro che ci lavorano, persone che hanno segnato la mia vita: ogni volta che riesco a farci un salto è sempre un piacere. Questa volta, però, sono stato addirittura invitato per la rappresentazione de ‘Il più grande del mondo - Vita e morte di Arpad Weisz, allenatore ebreo”. Un invito che ho accettato di buon grado perché l’argomento era una primizia, una gemma incastonata nella storia dello sport e non durante la Seconda Guerra Mondiale. Viviamo i giorni del ricordo e della memoria; il Civico 14, da sempre, è in prima linea per questo momento dell’anno. Hanno scelto uno sportivo, un giocatore, un allenatore, un uomo che, forse più di tutti, ci avvicina al dolore della Shoah per la sua semplicità e la crudeltà del suo destino.
Ad accendere una luce sulla storia di Weisz è stato il giornalista Matteo Marani (attuale direttore del Guerin Sportivo) che, nel 2007, ha tolto la naftalina ed il mistero sulla vita dell’allenatore ungherese morto nel 1944 ad Auschwitz. “Dallo scudetto ad Auschwitz. Vita e morte di Arpad Weisz, allenatore ebreo” è il nome del libro scritto da Marani (Editore Aliberti) che costa 11 euro ed è disponibile anche in eBook al prezzo di 7.49. Un lavoro che rappresenta l’inizio di un doveroso percorso alla scoperta di questo personaggio affascinante ma anche tanto lontano dall’Italia di questi tempi. Dopo Marani è arrivato Federico Buffa che, su Skysport, ha dedicato una puntata speciale proprio all’allenatore che vinse uno scudetto con l’Ambrosiana (l’attuale Internazionale) e due col Bologna. E domani sarà la volta di RaiDue che, alle ore 23:40, in occasione della “Giornata della memoria”, proporrà uno speciale “Arpad Weisz, dallo scudetto ad Auschwitz”. Insomma, se prima nessuno sapeva chi fosse Weisz, adesso è difficile non conoscerlo.
La copertina del libro di Matteo Marani
Ma torniamo in questo piccolo avamposto del teatro e della cultura in Terra di Lavoro. Il lavoro di drammaturgia è stato svolto da tre miei cari amici (non sono di parte, sono veramente bravi) Simone Caputo, Ilaria Delli Paoli e Rosario Lerro con Roberto Solofria; la regia è affidata proprio a Rosario mentre la sua dolce metà Ilaria è aiuto regia. Le scene sono state ideate da un altro mio caro amico Antonio Buonocore, i costumi sono opera di Alina Lombardi, le musiche sono di Paky Di Maio e le foto di Marco Ghidelli. Una squadra di altissimo livello, un cast di prima qualità (ribadisco, non sono di parte ma dannatamente onesto). Mi hanno confermato che questo spettacolo ha già avuto un ottimo successo sia al teatro che dalla critica (allora le mie parole non servono); girerà l’Italia in alcune tappe ma non toccherà Bologna e Milano, le due città di Weisz. Ancora non si è concretizzato nulla lì, ma questo spettacolo è perfetto a Bologna. E’ perfetto e sicuramente potrà avere tantissima gente in platea a vederlo, emozionandosi e commuovendosi perché Weisz racconta tanto, tantissimo, della Bologna dell’epoca.
Per rendere diverso e originale il loro lavoro, gli ideatori dello spettacolo si sono spinti fino alla prima apparizione di Weisz sul suolo italico. All’epoca giocava per la nazionale ungherese che disputò un’amichevole a Genova contro l’Italia. Un particolare inedito, arricchito dall’acquisto fatto su Ebay della Gazzetta dello Sport originale del 5-3-1923 (come hanno fatto a trovarla, per me, resta un clamoroso mistero): un pezzo storico che, ora, è gelosamente custodito al Civico 14. “La storia di Arpad mi ha affascinato fin dal momento in cui mi è capitato tra le mani lo splendido libro di Marani. Ripensare al calcio di quasi 100 anni, quello delle magliette di lana, dei calzettoni tenuti su dalle fasce, delle storie di uomini che inseguivano un pallone e non la ricchezza mi ha immediatamente immerso nell’atmosfera epica in cui si è consumata la tragedia di Weisz. Un uomo famoso, il miglior allenatore d’Europa che finisce su un treno per Auschwitz insieme alla sua famiglia. Una storia come milioni di storie che hanno loro malgrado fatto parte della più grande tragedia che il genere umano abbia vissuto. Abbiamo provato a costruire una scatola di ricordi dentro cui abbiamo trovato le immagini di un uomo e della sua famiglia, sradicati dalla città in cui vivevano, allontanati dall’affetto dei cari, spaventati e impotenti di fronte al destino che si avvicinava attraverso documenti, leggi, intimidazioni»,  voce e parole di Rosario Lerro.
Guarin e Zanetti dell'Inter vestono una maglia che ricorda Arpad Weisz
prima di Inter-Bologna di Coppa Italia il 15 gennaio 2013
Ora, lungi da me addentrarmi in discussioni sulla parte tecnica dello spettacolo (non ho la competenza e lo studio per dire ‘a’ su tale argomento) e non farò una recensione vecchio stampo; posso parlare solo delle emozioni provate in quei 55 minuti e… sono state tante ed indimenticabili. Per un profano del teatro come me, vedere uno spettacolo di meno di un’ora è già sinonimo di perfezione perché posso restare concentrato dall’inizio alla fine senza mai perdermi. Bellissimo il palcoscenico, gli abiti usati, ma anche tutto il resto. Bravissimo l’attore Solofria che ha dato ritmo alla serata con un mix di notevole qualità: momenti di silenzio che valevano più di mille parole, voce più forte in passaggi chiave, sguardi, sorrisi e movimenti che rendevano alla perfezione lo stato d’animo del ‘nostro’ Weisz.  Perfetto anche il gioco di luci ed ombre, impreziosito dalle candele che hanno reso il palco ancora più suggestivo ed accattivante. Così come la lavagna dove venivano riportate le fasi della vita di Arpad.
Durante lo spettacolo, con un finale veramente da brividi e straziante al tempo stesso, rimbomba nella mia mente una frase del copione: “Le leggi antisemite sono uno stupro”. Le pronuncia il Weisz interiore, lo urla tutto il mondo avvolto dall’infamia della Shoah. Ogni volta che vedo un film, un documentario o qualsiasi cosa riporti alla mente quel tremendo periodo storico, provo una grandissima commozione ogni qualvolta vedo la stella di David sul cuore del deportato di turno. Una stella cucita sul petto, straziante. Un simbolo che vale più di mille parole, che è stato sporcato da tanto, troppo, sangue. Anche nello spettacolo del Civico 14, il momento che vede l’attore Solofria impolverato con quella grande stella sul cuore, ammetto che la mia personale emozione ha raggiunto livelli di guardia.
Ma, poi, se penso alla vita di Weisz preferisco usare la frase di chiusura dello spettacolo: “Il calcio non c’entra più niente, la partita è finita”. E per Arpad finì troppo presto.

Camillo Anzoini


Arpad Weisz
IL TABELLINO DELLA PRIMA PARTITA DI WEISZ IN ITALIA

Genova - Stadio Marassi domenica 4 marzo 1923 
ore 15.00

ITALIA-UNGHERIA 0-0

ITALIA: Trivellini, Caligaris, De Vecchi, Barbieri, Burlando, Brezzi, Migliavacca, Baloncieri, Santamaria, Cevenini L., Bergamino (Monti F. 46) - Allenatore Commissione tecnica della FIGC
UNGHERIA: Plattko, Fogl II, Fogl III, Kertesz II, Baubach, Blum, Braun, Molnar, Orth, Hirzer, Weisz A. - Allenatore Kiss

ARBITRO: Forster (Svizzera)

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