domenica 11 gennaio 2015

MWEENE E L’ORGOGLIO CHIPOLOPOLO

Kennedy Mweene è un eroe nazionale nello Zambia
"Era mia, mia, mia / l'ho gridato e non hai sentito / su di lui ti sei precipitato / l'hai atterrato. / Solo davanti / a questa porta spalancata / mentre il centravanti mi guarda. / Solo quando c'è il rigore / vi ricordate di me, / del vostro portiere / ditemi perché." Stefano Benni magistralmente ha delineato una delle immagini calcistiche più belle di sempre, e ci fa da Virgilio nella nostra storia, non una banale, come ci si aspetta naturalmente, "non così speciale" per il suo protagonista, che in una lingua difficilmente comprensibile, e che noi traduciamo alla buona in inglese, conclude sempre ogni sua partita con un "Ordinary day". Kennedy Mweene sembra un nome uscito da uno dei taccuini dell'esploratore Livingstone, e probabilmente è così visto che il cognome all'anagrafe sarebbe Jones, cambiato a 19 anni con questo "soprannome" che ora lo rende riconoscibile a tutti. E' un nome tribale, perchè nelle latitudini africani il mistico e la verità, così come il sacro e il profano, tendono a miscelarsi e divenire qualcosa di particolare, o forse più semplicemente in uno stato che ha tanto subito la prevaricazione coloniale, per le sue miniere di rame, un cognome anglofono stonerebbe, specie se sei un leader in campo e nella vita. Del resto lo Zambia ha poca tradizione calcistica, seppure vanta nel suo almanacco parecchi scalpi illustri, ma mentre nel continente nero abbiamo le Aquile (nigeriane), gli Elefanti (ivoriani), i Leoni Indomabili (camerunesi) o i Cammelli (egiziani), qui nessun animale ha sposato la causa dei "Chipolopolo" ovvero dei "Proiettili di Rame", seppure una piccola aquila compare anche sulla bandiera. Le cascate Vittoria e le acque dello Zambesi (e qui il retaggio inglese continua a fare il suo corso) sono forse alcuni degli scenari più belli regalati dal continente africano, ma qui sono come baluardi invalicabili, che anzi segnano il passo tra il passato (che ha anche un nome geografico, ovvero Rhodesia) e la modernità di Lusaka, che dopo tante, troppe, vicissitudini politiche, sta cercando di emergere nella sua modernità. 
Ma stiamo tergiversando e abbiamo lasciato il nostro ragazzo che ha ottenuto il cambio del suo cognome, anche se ci tocca fare un passo indietro. Nato nel 1984, troppo giovane per ricordarsi del famoso 4-0 che i suoi connazionali rifilarono all'Italia di Tacconi, Mauro, De Agostini alle olimpiadi di Seul, la sua fanciullezza è segnata da una delle tragedie nazionali, che ha a che fare col calcio. Lo schianto dell'aereo nei pressi di Libreville, Gabon, che stava portando la squadra più forte di quegli anni a giocarsi la qualificazione a Usa 94' in Senegal, e che pone fine ad un'intera generazione di calciatori di indiscusso talento, scuote il giovane Kennedy, già con le treccine che lo han sempre contraddistinto. Sarà un calciatore e insieme a molti figli di quella generazione, proverà a riscrivere una storia spezzata. Già, ma come? Se la nazionale maggiore è formata da una under 17 a cui si aggiunge il grande campione Bwalya (che era scampato a quell'aereo maledetto solo perchè si trovava ancora in Olanda al Psv dove stava giocando), questo significa che le nazionali minori si troveranno sempre giocatori più grandi, più esperti e con più cattiveria agonistica da fronteggiare. E di vittorie ne arriverebbero pochine. Lasciate tempo al tempo, tutto sarà utile poi. Lo Zambia dopo anni di farraginosa ricostruzione, con Kalusha Bwalya sempre in prima linea a dare consigli, si barcamena nella parte bassa dell'elite: riesce molto spesso, anche grazie a gironi non impossibili, a strappare il pass per la Coppa d'Africa ma quasi mai supera il girone e molto spesso prende delle imbarcate colossali. E' il 2012 e a circa 20 anni dalla catastrofe, si torna a giocare a Libreville. Kennedy è il leader spirituale di quella squadra. La sua voce è più di un monito per i suoi compagni in difesa, che spesso però la ignorano (e Benni ritorna con i suoi versi a cantare), ma c'è un 'ultimo baluardo' come aveva scritto Saba. C'è chi diceva che dopo N’Kono non c'erano stati altri grandi portieri, ecco la prossima missione: riportare in alto la sua nazionale, come si era già ripromesso, e diventare il miglior portiere del continente nero. Di tiri ne arrivano eccome, ma lui oltre che un'innata agilità, ha la capacità di capire un secondo prima quello che avverrà, ed in quelle stesse frazioni agire, anche d'impulso, con coraggio a sbrogliare la situazione. Non solo, forse con le mani se la cava (eccome) ma i piedi sono delicati, è il regista arretrato della squadra, sa dribblare e... si prende parecchie responsabilità. L'avrete già sentito per altri giocatori ma qui è diverso, ma ci arriveremo. 
Lo Zambia vince il suo girone, elimina in semifinale il fortissimo Ghana al completo con un gol di Mayuka in diagonale, ma la vittoria 1-0 vede ben 22 tiri delle Black Stars dalle parti del nostro protagonista. Salva due volte su Muntari a botta sicura, prende una punizione di Boateng destinata all'incrocio e a pochi dalla fine, da terra, di puro istinto devia sulla traversa un piattone di Gyan. In lacrime a fine gara, tutti i giocatori della squadra avversaria gli tributano un saluto, ma lui dopo qualche sorriso tira dritto, a tenere alta la concentrazione dei suoi. 
Dopo il rigore parato a Drogba nella finale di Coppa d'Africa
La finale è contro la Costa D'Avorio, e se volete una motivazione del perchè Drogba vesta ancora la "arancione" allora mi sa che dovrete chiedere al nostro numero 16. Come #16? "l'uno se lo prendono coloro che hanno già raggiunto la vetta e guardano tutti dall'alto, io voglio superarli tutti e andare più in alto ancora". La finale è bloccata, senza tiri in porta, un fuorigioco sbagliato manda Drogba in porta, Sunzu lo atterra ed è rigore, a 20' dalla fine. Tutto è apparecchiato al meglio: Drogba segna il rigore, vince un trofeo con la sua nazionale e la abbandona da vincente... E Benni ancora ci sovviene a descrivere il momento: "Era fuori, fuori, fuori / il fallo era fuori dall'area / quel ******* d'arbitro è arrivato / ha fischiato. / Solo davanti a voi centomila / che ansiosi mi spiate. / Solo quando c'è il rigore / vi ricordate di me, / del vostro portiere / ditemi perché. / E dai tira, tira, tira / cosa aspetti a finirmi? / vedo il pallone calciato che arriva / come una locomotiva / e sono solo nel cielo / mentre volo incontro al tiro / e voi trattenere il respiro". Con quegli occhi grandi e neri, anche il Didier che ha vinto Champions da solo e che da solo aveva trascinato quella squadra resta ipnotizzato, il suo rigore è potente e centrale, ma Mweene intuisce e la sfiora di quel tanto che basta per mandarla sopra la trasversale. La gara resterà noiosa sullo 0-0 con un solo brivido a poco dalla fine dei supplementari ancora risolto con un'uscita tempestiva del portierone. Si va ai rigori e nei 5 dello Zambia chi è il terzo a tirare??? Ancora lui. Palla nel sette, piazzata lì dove ci sono le ragnatele e qui prendiamo a oggetto una famosa frase dei video sportivi su Youtube: "try to beat me?" Arriverà la vittoria con un rigore parato al 12° penalty, per lui il premio di miglior portiere della competizione ma soprattutto l'onore di aver portato il suo paese lì dove non era mai arrivato. I tempi passano, il mister Hervè Renard non continua e dopo tante tribolazioni la squadra è agli inizi di questo 2014 invischiata nelle qualificazioni per la Coppa d'Africa del prossimo Gennaio. Una pesante sconfitta contro Capo Verde 3-1 e due pareggi anonimi contro Mozambico e Niger sembrano frenare qualsiasi ambizione. Non avendo visto le gare, cerco sul sito qualche info supplementare e Kennedy non c'è. Rottura del crociato, la sua assenza si fa sentire. E' un iron man, o forse uno sciamano chi lo sa, lui torna a tempo di record per la sfida contro il Niger e al 65' siamo ancora 0-0 quando viene fischiato un rigore ai "proiettili di rame". 
La tensione è alta ed il momento è catartico, lui passeggia per tutto il campo, arriva nell'aria opposta a quella di sua competenza, si prende il pallone in mano e tranquillizza tutti. Batte un rigore di potenza che gonfia la rete, senza possibilità per il collega e lancia una vittoria per 3-0 che scuote l'ambiente. Il capolavoro lo compie qualche mese dopo, in quello che è un autentico spareggio contro il
Trasforma il rigore che spiana la strada contro il Niger
Mozambico, a Maputo, in trasferta. Per i Chipolopolo la vittoria è d'obbligo, ma i padroni di casa non ci stanno e spingono sull'acceleratore. Al 58' l'arbitro fischia a Mbola un fallo di mano dubbio, e sul dischetto per i Mambas si presenta Pelembe, che da un anno è compagno di squadra di Mweene al Mamelodi. I due si guardano, sorriso di sfida sul volto del #16 che rimane teso, concentrato e scatta dalla parte giusta bloccando e rilanciando l'azione, perchè non c'è tempo per festeggiare. Singuluma poco dopo porterà il gol vittoria che vuole dire qualificazione, rendendo ininfluente l'ultimo turno a Lusaka contro Capo Verde, dove arriverà il terzo clean sheet consecutivo dal suo ritorno. Dire che sia fuori dal comune è poco, dire che ha rifiutato le sirene ed i dollari cinesi (dove lo han chiamato molti suoi compagni) fa capire cosa sia per lui il calcio, ma vi è di più. Potete avere i vostri idoli, o magari i campioni che vi fanno vincere le partite con goal assurdi come Messi o CR7,
Ma se volete una storia da raccontare, quelle da love of the game, e che hanno al centro come succosa salsa piccante misticismo, anatemi, scongiuri e anche un filo di pathos, beh quella di Kennedy Mweene può fare al caso vostro. A breve lo Zambia non partirà favorito, anche perchè molti dello storico 2012 hanno abbandonato la nazionale o sono ko per infortunio. Ma a guidare un'accolita di giovani di belle speranze (occhio a Kalaba, chiamato il Kaiser da quando aveva 18 anni) ci sarà sempre quel portiere, ultimo baluardo sì, ma anche all'occorrenza primo avamposto utile per superare qualsiasi difficoltà.

Domenico Landolfo 

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