mercoledì 21 gennaio 2015

IL RICORDO, IL PUGNO E IL BLACK POWER

Smith e Carlos sul podio delle Olimpiadi
di Città del Messico
Il terzo lunedì di Gennaio gli americani, noti per molte cose ma anche per il loro attaccamento alle mille celebrazioni annuali, hanno commemorato Martin Luther King, il leader per la lotta all'uguaglianza razziale. Da Washington a New York, passando per Seattle e Boston, diverse sono state le citazioni per ricordare quest'uomo che credeva nei diritti civili. Bene, come potevamo non rievocare una guida di tale spessore anche noi, considerando che lo sport e gli sportivi, dagli anni 60 ad oggi, hanno spessissimo fatto riferimento a Luther King e alla sua lotta alle discriminazioni. Tra tanti ho scelto un episodio e due persone che un giorno, il 16 Ottobre 1968, hanno cercato di fare la differenza. 
Sono Tommie Smith e John Carlos due atleti che svegliarono il mondo dai gradini del podio olimpico di Città del Messico. Sei mesi prima a Memphis c'era stato l'assassinio di M.L.K. Subito dopo era toccato a Robert Kennedy e molti sportivi stavano valutando l'ipotesi di boicottare i Giochi anche cavalcando l'onda polemica di Muhammad Ali, che aveva appena rifiutato l'arruolamento nell'esercito per motivi di coscienza e si era visto strappare il titolo dei pesi massimi, e di Kareem Abdul Jabbar, cestista, che cercò di rinunciare proprio alla nazionale olimpica. Insomma, era un periodo molto travagliato fuori e dentro dagli stadi fatto anche di proteste studentesche represse col sangue dal governo messicano (la famosa strage del 2 ottobre a Tlatelolco dove rimase ferita anche la scrittrice Oriana Fallaci). 
Tommie Smith, texano nato nel giorno dello sbarco in Normandia e cresciuto riempiendo ceste di cotone, e John Carlos, nato ad Harlem e arrivato allo sport con una borsa di studio, erano tra i velocisti più forti del paese e infatti salirono entrambi sul podio quel caldo giorno di Ottobre, uno al primo e l'altro al terzo gradino. La differenza, di cui vi parlavo prima, la fecero nel momento in cui partì l'inno. 
Anni dopo ripropongono il gesto
che li ha resi famosi
Lo ascoltarono col pugno chiuso, in un guanto nero, contro il cielo, senza scarpe ma con calzini neri e la testa bassa e portarono il Black Power dentro il recinto sacro dello sport. Con quel gesto entrarono nella storia e nei poster di una generazione. 
Icone di un'epoca di grandi cambiamenti che due atleti infiammarono pacificamente nel momento più' alto della loro carriera, pagando quell'atto di coraggio civile con l'isolamento e l'ostracismo per tutta la vita ma dedicanti quella medaglia ai fratelli e alle sorelle che venivano linciati, umiliati ed esclusi nella terra delle pari opportunità. Qualcuno su di loro ha scritto: 'Gli sprinter che fecero la rivoluzione con un pugno, senza far male a nessuno. Dopo di loro lo sport non sarebbe più' stato così politicamente sfrontato. Ma nemmeno, più, così innocente'. 











Tiziana Tavilla

Nessun commento:

Posta un commento