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Roberto Solofria interpreta Arpad Weisz al Civico 14 (foto Ghidelli) |
Il Teatro Civico
14 di Caserta è una delle realtà culturali più belle, genuine ed indipendenti
della mia città. Un progetto che va avanti da anni tra mille sacrifici e sforzi
dei suoi ideatori. Qui sono passati grandi del teatro, nazionali e non. Qui c’è
voglia di lavorare bene senza fermarsi all’apparenza ed alla normalità dei
calendari. Conosco quasi tutti coloro che ci lavorano, persone che hanno
segnato la mia vita: ogni volta che riesco a farci un salto è sempre un
piacere. Questa volta, però, sono stato addirittura invitato per la
rappresentazione de ‘Il più grande del mondo - Vita e morte di Arpad Weisz,
allenatore ebreo”. Un invito che ho accettato di buon grado perché l’argomento
era una primizia, una gemma incastonata nella storia dello sport e non durante
la Seconda Guerra Mondiale. Viviamo i giorni del ricordo e della memoria; il
Civico 14, da sempre, è in prima linea per questo momento dell’anno. Hanno
scelto uno sportivo, un giocatore, un allenatore, un uomo che, forse più di
tutti, ci avvicina al dolore della Shoah per la sua semplicità e la crudeltà
del suo destino.
Ad accendere una
luce sulla storia di Weisz è stato il giornalista Matteo Marani (attuale direttore del Guerin Sportivo) che, nel 2007,
ha tolto la naftalina ed il mistero sulla vita dell’allenatore ungherese morto
nel 1944 ad Auschwitz. “Dallo scudetto ad Auschwitz. Vita e morte di Arpad
Weisz, allenatore ebreo” è il nome del libro scritto da Marani (Editore
Aliberti) che costa 11 euro ed è disponibile anche in eBook al prezzo di 7.49.
Un lavoro che rappresenta l’inizio di un doveroso percorso alla scoperta di
questo personaggio affascinante ma anche tanto lontano dall’Italia di questi
tempi. Dopo Marani è arrivato Federico Buffa che, su Skysport, ha dedicato una
puntata speciale proprio all’allenatore che vinse uno scudetto con l’Ambrosiana
(l’attuale Internazionale) e due col Bologna. E domani sarà la volta di RaiDue
che, alle ore 23:40, in occasione della “Giornata della memoria”, proporrà uno
speciale “Arpad Weisz, dallo scudetto ad Auschwitz”. Insomma, se prima nessuno
sapeva chi fosse Weisz, adesso è difficile non conoscerlo.
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La copertina del libro di Matteo Marani |
Ma torniamo in
questo piccolo avamposto del teatro e della cultura in Terra di Lavoro. Il
lavoro di drammaturgia è stato svolto da tre miei cari amici (non sono di
parte, sono veramente bravi) Simone Caputo, Ilaria Delli Paoli e Rosario Lerro
con Roberto Solofria; la regia è affidata proprio a Rosario mentre la sua dolce
metà Ilaria è aiuto regia. Le scene sono state ideate da un altro mio caro
amico Antonio Buonocore, i costumi sono opera di Alina Lombardi, le musiche
sono di Paky Di Maio e le foto di Marco Ghidelli. Una squadra di altissimo
livello, un cast di prima qualità (ribadisco, non sono di parte ma dannatamente
onesto). Mi hanno confermato che questo spettacolo ha già avuto un ottimo successo
sia al teatro che dalla critica (allora le mie parole non servono); girerà
l’Italia in alcune tappe ma non toccherà Bologna e Milano, le due città di
Weisz. Ancora non si è concretizzato nulla lì, ma questo spettacolo è perfetto
a Bologna. E’ perfetto e sicuramente potrà avere tantissima gente in platea a
vederlo, emozionandosi e commuovendosi perché Weisz racconta tanto, tantissimo,
della Bologna dell’epoca.
Per rendere
diverso e originale il loro lavoro, gli ideatori dello spettacolo si sono
spinti fino alla prima apparizione di Weisz sul suolo italico. All’epoca
giocava per la nazionale ungherese che disputò un’amichevole a Genova contro
l’Italia. Un particolare inedito, arricchito dall’acquisto fatto su Ebay della
Gazzetta dello Sport originale del 5-3-1923 (come hanno fatto a trovarla, per
me, resta un clamoroso mistero): un pezzo storico che, ora, è gelosamente
custodito al Civico 14. “La storia di Arpad mi ha affascinato fin dal momento
in cui mi è capitato tra le mani lo splendido libro di Marani. Ripensare al
calcio di quasi 100 anni, quello delle magliette di lana, dei calzettoni tenuti
su dalle fasce, delle storie di uomini che inseguivano un pallone e non la
ricchezza mi ha immediatamente immerso nell’atmosfera epica in cui si è
consumata la tragedia di Weisz. Un uomo famoso, il miglior allenatore d’Europa
che finisce su un treno per Auschwitz insieme alla sua famiglia. Una storia
come milioni di storie che hanno loro malgrado fatto parte della più grande
tragedia che il genere umano abbia vissuto. Abbiamo provato a costruire una
scatola di ricordi dentro cui abbiamo trovato le immagini di un uomo e della
sua famiglia, sradicati dalla città in cui vivevano, allontanati dall’affetto
dei cari, spaventati e impotenti di fronte al destino che si avvicinava
attraverso documenti, leggi, intimidazioni»,
voce e parole di Rosario Lerro.
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Guarin e Zanetti dell'Inter vestono una maglia che ricorda Arpad Weisz prima di Inter-Bologna di Coppa Italia il 15 gennaio 2013 |
Ora, lungi da me
addentrarmi in discussioni sulla parte tecnica dello spettacolo (non ho la
competenza e lo studio per dire ‘a’ su tale argomento) e non farò una recensione
vecchio stampo; posso parlare solo delle emozioni provate in quei 55 minuti e…
sono state tante ed indimenticabili. Per un profano del teatro come me, vedere
uno spettacolo di meno di un’ora è già sinonimo di perfezione perché posso
restare concentrato dall’inizio alla fine senza mai perdermi. Bellissimo il
palcoscenico, gli abiti usati, ma anche tutto il resto. Bravissimo l’attore
Solofria che ha dato ritmo alla serata con un mix di notevole qualità: momenti
di silenzio che valevano più di mille parole, voce più forte in passaggi
chiave, sguardi, sorrisi e movimenti che rendevano alla perfezione lo stato
d’animo del ‘nostro’ Weisz. Perfetto
anche il gioco di luci ed ombre, impreziosito dalle candele che hanno reso il
palco ancora più suggestivo ed accattivante. Così come la lavagna dove venivano
riportate le fasi della vita di Arpad.
Durante lo
spettacolo, con un finale veramente da brividi e straziante al tempo stesso,
rimbomba nella mia mente una frase del copione: “Le leggi antisemite sono uno
stupro”. Le pronuncia il Weisz interiore, lo urla tutto il mondo avvolto
dall’infamia della Shoah. Ogni volta che vedo un film, un documentario o
qualsiasi cosa riporti alla mente quel tremendo periodo storico, provo una
grandissima commozione ogni qualvolta vedo la stella di David sul cuore del
deportato di turno. Una stella cucita sul petto, straziante. Un simbolo che
vale più di mille parole, che è stato sporcato da tanto, troppo, sangue. Anche
nello spettacolo del Civico 14, il momento che vede l’attore Solofria
impolverato con quella grande stella sul cuore, ammetto che la mia personale
emozione ha raggiunto livelli di guardia.
Ma, poi, se
penso alla vita di Weisz preferisco usare la frase di chiusura dello
spettacolo: “Il calcio non c’entra più niente, la partita è finita”. E per
Arpad finì troppo presto.
Camillo Anzoini
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Arpad Weisz |
IL TABELLINO
DELLA PRIMA PARTITA DI WEISZ IN ITALIA
Genova - Stadio
Marassi domenica 4 marzo 1923
ore 15.00
ITALIA-UNGHERIA 0-0
ITALIA: Trivellini, Caligaris, De Vecchi, Barbieri, Burlando, Brezzi, Migliavacca, Baloncieri, Santamaria, Cevenini L., Bergamino (Monti F. 46) - Allenatore Commissione tecnica della FIGC
UNGHERIA:
Plattko, Fogl II, Fogl III, Kertesz II, Baubach, Blum, Braun, Molnar, Orth,
Hirzer, Weisz A. - Allenatore Kiss
ARBITRO: Forster
(Svizzera)
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