lunedì 16 marzo 2015

IL DERBY DEI SECCHIONI

Una fase del derby tra Harvard e Yale
Forse è vero, come diceva Rocky Balboa che nella vita è importante rialzarsi ed essere sempre in grado di rispondere ai colpi subiti, forse era altrettanto vero, come diceva Benjamin Franklin, che sono i piccoli gesti quotidiani a dare il senso alle nuove scoperte, ma alla fine, qualcun altro oserebbe dire, è il risultato che conta. Niente di più sbagliato, perchè quella tra Yale e Harvard è stata qualcosa di più di una partita di pallacanestro, è stato un modo diverso di vivere il campus per studenti che di certo non han scelto questa università per ragioni legate allo sport. Alla fine ci vanno i Crimson al torneo, per il quinto anno di fila e il sesto nella loro storia, peccato per i Bulldogs, che dopo aver sciupato il matchpoint e malamente, hanno però dimostrato di avere qualcosa in più della passione e del love of the game.

ANTE:
Yale aveva dato 10 punti ad Harvard e aveva la possibilità di andare al Torneo NCAA (dopo l'unica volta del 1962) battendo Darthmouth, che aveva poco da chiedere al campionato. Siccome però a queste latitudini e specie in questi campus uno degli sport favoriti è il Canottaggio, Darthmout vende cara la pelle e a 52" è a -3, con palla in mano ai bulldogs. Pressione, freccia maledetta, tripla dei verdi e pareggio. Javier Durren, ragazzo di St.Louis con testa matematica da puro economista e impegnato nella campagna SOBER contro l'alcolismo (altro che festini nelle confraternite!!!) viene sfidato in lunetta, ma forse avrebbe preferito qualche lezione di psicologia col suo amico Armani Cotton. Dalla linea la mano trema, 1/2 e palla ai verdi che provano un improbabile baseball pass full court, che starebbe finendo fuori, finchè un braccio malandrino non tocca e regala la rimessa ancora alla squadra che non ha niente da chiedere. Rimessa con un 1" e un Lituano, tale Gabas Moldunas, con un perfetto alto basso costruito appoggia al vetro. Si va allo spareggio.

La festa dei Crimson
IDENTIKIT: Si gioca la "finalissima" (visto che nel torneo Ivy League non c'è il torneo a eliminazione diretta come nelle altre conference) in campo neutro, e signori che palcoscenico: il The Palestra of Philadelphia, the cathedral of College Basketball. Magari le cheerleaders non saranno quelle solite ragazze copertina, molte di esse hanno quel non so che di intellettuale e soprattutto le gonne non diciamo che sono fino al ginocchio ma quasi. Con le bande andiamo decisamente meglio, abbiamo degli ottoni tirati a lucido che brillano anche nei frame non certo in hd della trasmissione, le uniformi sono qualcosa di magico e ancestrale e questo fa capire forse perchè stiamo parlando delle eccellenze. I tifosi hanno tutte le stesse facce, un po' Steve Jobs, un po' Mark Zuckerberg, un po' nerd all'avanguardia di The Big Bang Theory, un po' snob dell'area del'Upper East Side di Gossip Girl, quelli dei Crimson han le loro magliette e felpe in amaranto e nero con la scritta "Beat YALE" e tanti plastificati con i volti giganti dei loro beniamini, mentre i blu hanno merchandise più semplice e meno preparato per l'evento, ma hanno un paio di mascotte gigante col bulldog che mette tanta allegria. OK si alza la contesa e subito si vede che il livello non è quello di Notre Dame - North Carolina o di Kansas - Iowa State, ma si vede che questo basket vuole essere geometrico e cerebrale. E non potrebbe essere altrimenti: dei giocatori a rotazione, almeno quelli che più incideranno sulla gara, abbiamo per Yale un economista, uno psicologo, un biologo molecolare, uno studioso di storia e cultura Americana, e due specializzandi in educazione fisica, di cui uno di sicuro sarà il prossimo coach della squadra (fidatevi si vede e ci passiamo dopo); per Harvard due sociologi, che evidentemente in classe sono abituati a passarsi altro oltre la palla, un economista, uno studioso di "Government" ma soprattutto un ragazzo nato a Yaoundè, Cameroon, con passaporto greco, che studia Analisi Matematica Applicata, e nel tempo libero ha imparato a giocare a basket ma ancor di più a dare stoppate colossali agli avversari.

La delusione dei Bulldogs
CSI: Si vede che i due coach vogliono vincerla in difesa, con Harvard che si mette a fare i suoi raddoppi a scatole cinesi mentre Yale lascia sfogare l'avversario, che vola sull'8-0 e poi grazie alle sue letture offensive inizia a tessere la sua tela. Il protagonista diventa dal nulla un ragazzo uscito dalla panchina, con sguardo tipicamente all'inglese da bravo ragazzo, un po' Andy Murray un po' Hugh Grant, uno che in estate vendeva cappellini e gadget vari a Fenway Park e che nel tempo libero allieta i suoi compagni col programma radiofonico più seguito a Yale, dove da buon DJ spara musica a palla. E' Greg Kelley, che si prende la squadra sulle sue spalle e con due triple la rimette in carreggiata. Il resto lo fa Justin Sears, ragazzo dalle braccia lunghe e dal grande talento, quello che nella vita voleva mettere Plainfield, la sua città natale, sulla mappa della pallacanestro americana e, quantomeno a livello di high school, ha già centrato l'obiettivo. Harvard resiste, e la salva il ragazzo camerunense di cui abbiamo parlato poco fa, ovvero Moundou-Missi.  Montague è uno spettacolo da vedere. Probabilmente non ha neanche la metà del talento di quelli che stanno in divisa sul campo, ma è un generale come pochi, spiega l'angolo di incidenza dei blocchi, va a strigliare i compagni e ha sempre l'idea giusta per sbloccare: leggi il suo pedigree e vedi che fa in estate il coach della Varsity, che siede spesso tra coach Jones e il suo assistente, mi sa che questo è il suo erede. La ripresa però, dopo il -4 della pausa lunga è un'autentica galoppata Crimson. Sounders, uno dei due sociologi, che l'anno scorso era stato mvp della Ivy League e che nel tempo libero si esercita e con buoni profitti, negli scacchi e nella costruzione di un guardaroba che sia "adeguato", si mette in proprio e spacca la partita con tre triple. Yale è colpita e cade, in tutti i sensi. Inspiegabile come l'arbitro non veda un colpo proibito di Travis sulla faccia di Mason, che va in panca per farsi curare, si prende la carica del solito Montague e poi torna in campo, con un edema visibile anche questo non certo grazie all'hd. Sembra fatta, perchè Chambers, si c'è anche lui, va col 48-40 a poco dalla fine, ma Yale non demorde. Duren, che era sparito sotto le foglie, guarda i numeri sul tabellone e vede che il bonus è speso, testa bassa e penetrare, liberi, tanti per lui. Perfetto. Mason, che fino ad allora aveva fotto pochino in attacco si inventa un incredibile spin move nel traffico ed è sorpasso, sembra incredibile, ma qui inizia qualcosa che vale poco la pena di commentare. Fallo su uno di quei movimenti strani di terzo tempo, Sounders, caldo come una stufa, lancia in area la palla che centra l'anello. Gli arbitri la guardano e danno la continuità. Ma si può andare a controllare il discrimine di un fallo, e qui non parliamo di flagrant/non flagrant? Comunque controsorpasso Harvard, Sears pareggia e con 50 " palla in mano all'università in nero-amaranto. Palla buttata, fumble, groviglio di mani, si va di nuovo all'istant replay, poco chiara la situazione, ma la palla resta ai Crimson. Piazzato del solito camerunense, che poco aveva fatto nella ripresa e con 5 " non si chiama timeout (ma come un'università del genere non chiama timeout???) e Duren si butta dentro, magari per un fallo, alzando una preghiera, c'è anche una specie di tap in offensivo, ma stavolta non va. Harvard al torneo, riprendendo il paragone del canottaggio, con la punta della sua barca che di pochissimo batte l'altra, ma il paragone forse più vero ce lo regala una delle statue più famose di Philadelphia, quella di Rocky Balboa. "Non ci saranno rivincite Apollo!!!" e poi alla fine dopo la sconfitta del primo film sappiamo come è andata. Mi sa che forse è il tempo di spegnere il pc e mettersi a studiare un po' sta partita mi ha messo voglia di riaprire i libri... Si certo, come no, alla prossima puntata...


Domenico Landolfo

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