
Non meno di una decina di giorni fa, ci siamo e mi sono
divertito nel voler interpretare il volere ‘supremo’ dello sceneggiatore
incaricato dagli ‘Dei del basket’ a stelle e strisce di pennellare canestro
dopo canestro la stagione Nba 2014-2015, portando mesi e mesi di azioni,
parole, suggestioni, missioni, uomini su cartelloni giganti al di fuori delle arene,
marchi nobilissimi legati al brand sportivo che cavalcavano l’onda di una parabola,
quella del figliuol prodigo, che forse mai è stata nominata tante volte nella
storia dell’umanità, quanto dopo la decisione di Lebron James di tornare a
casa. Lo so, un periodo ‘scritto’ troppo lungo direbbe qualcuno, ma questo è
quello che mi è venuto tirando il fiato per un attimo e tuffandomi in quello che
si sta vedendo al di là dell’oceano. Ma di specchi d’acqua degni di nota ne
possiamo trovare anche non troppo lontano da casa nostra. Beh forse dipende da
quale parte dello stivale, della penisola o perché no del mondo (non sono o
siamo impazziti, giuriamo che abbiamo lettori o quanto meno click anche in
diverse parti del Vecchio Continente e anche delle ‘Americhe’ in generale) ci
state dedicando almeno cinque minuti della vostra attenzione prima di tornare a
guardare le foto di una bella ‘gnocca’ su Facebook, di stropicciarvi gli occhi
per il calore, il tifo e l’attaccamento ad una maglia come hanno dimostrato di
poter fare i ragazzi della Fossa dei Leoni al seguito della Fortitudo, incitare
con messaggi o post coloro che in questo weekend stanno chiudendo l’unico altro
ciclo cestistico ancora aperto: le finale di Dnb. Prima di chattare, guardare
un film o qualsiasi cosa siate abituati a fare di domenica.
Ma non tergiversiamo troppo. Lo specchio d’acqua al momento
più famoso per gli amanti della palla a spicchi tricolore è quello irradiato
dal sole e che circonda l’isola che fino a qualche tempo era conosciuta solo
per essere meta dei vip, degli sportivi e del #benessere della società italiana
e non. Ma ora non più. Ora la Sardegna e Sassari avranno un posto speciale
anche all’interno di altri salotti. Certo la vittoria in Coppa Italia degli
ultimi anni e quella in Supercoppa, avevano fatto breccia nel cuore di tutti,
ma la finale scudetto era quel pizzico che mancava per trasformare una piccola fiaba
in una storia fantastica. Ed allora visto che a quanto dicono l’Italia è da
sempre stata terra di poeti e di grandi scrittori, come non si poteva affidare
alle mani sapienti della categoria la narrazione di una stagione con tanti
colpi di scena.
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Il bracket prima di Gara1 di Finale scudetto |
LA STORIA FANTASTICA –
‘C’era una volta…’ l’inizio di una
storia che in tanti ad ottobre sembravano già saper come sarebbe finita. Un po’
come quando con un libro tra le mani si parte dalla trama sul retro per poi
leggere il finale a conferma di quanto pensavi. Bravi tutti, applausi per lo
sforzo ma anche quest’anno il bianco ed il rosso di Milano avrebbe colorato il
cielo del basket italiano in giugno. Un po’ come accadeva ai tempi della
Mensana Siena. Bisognava solo capire e sapere chi ci avrebbe provato fino alla
fine. Detto, fatto. Per mesi il copione e le pagine del basket italiano sembrava
un qualcosa di già visto con colpi scena più nella parte bassa della classifica
(ahimè, ma lasciamo stare) che in quella alta. Già perché nonostante tutto
quello che accadeva in giro per i palazzetti di Italia intorno a squadre come
Sassari, Venezia, Reggio Emilia, la stessa matricola terribile Trento, era
tutto oscurato dalla classica frase: “E’ tutto inutile, tanto alla fine vince
Milano”. Onesto? Ne ero convinto anche io. Ma il basket è bello perché è
sorprendente. E’ bello perché può cambiare le carte in tavola anche in mezzo
secondo. Può trasformare una stagione già scritta in una storia mai raccontata.
Può trasformare un gesto folle, disperato in una giocata che può cambiare le
sorti di una stagione e per intenderci provate a googlare Skele e il suo tiro
allo scadere e capirete di cosa sto parlando. Un senso di straordinario che solo
chi ha la pazienza di aspettare e di arrivare all’ultimo boccone per gustare
interamente il piatto, può godersi.
Tanti fino alla semifinale scudetto tra Sassari e Milano, ma
soprattutto di Reggio Emilia e Venezia, avevano buttato via il libro di cui
sopra anticipando l’dea del narratore: finale tra Milano e Venezia, le due più
forti; al massimo la Reyer ne strappa un paio e alla fine l’Olimpia piazza il ‘back
to back’. OOPSSSS!!!.
Diciamo che non è andata proprio cosi. Probabilmente il
narratore incaricato si sarà indispettito per i tanti saccenti e le accuse di
prevedibilità. Probabilmente lo stesso narratore aveva già deciso che questo in
corso doveva essere un anno particolare, direi: diverso. Diverso dai soliti domini
degli ultimi anni; diverso dai soliti finali in cui i giganti vincono sempre. Probabilmente
aveva già deciso che questo mondo necessitava di uno scossone, necessitava di
un racconto romantico, di storie strappalacrime ed eventi al di fuori dal
normale. Aveva bisogno di due gare7, di un Davide (Sassari) contro Golia (Milano),
di una squadra che stravolge il senso del ‘black power’, che va oltre la sfiga
e gli infortuni. Aveva bisogna dell’entusiasmo e dell’incoscienza cestistica di
due franchigie appunto diverse. Here we are. Cosi direbbero dall’altra parte del
mondo. Eccoci qua. Dinamo Sassari contro Grissin Bon Reggio Emilia. La ‘Davide’
contro la squadra fattucchiera più forte della sfiga. L’incoscienza di un
basket che forse non tutti amano (io si) e la rabbia e la testardaggine di non
arrendersi mai, anche quando hai tutto contro. Perché no a tratti la Cleveland
ed i Golden State Warriors del ‘BelPaese’.
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Una parte del 'bianco' dominante di Reggio Emilia |
IL ‘WHITE POWER’ DI
REGGIO – Era fine settembre quando al Torneo città di Caserta mi ritrovai a
chiedere questa cosa ad Alessandro Frosini: «Vi rendete conto che sarete la
squadra più bianca e giovane di questo campionato?». La risposta fu quella
classica di chi ci aveva pensato poco, di chi aveva costruito una squadra
seguendo criteri ben precisi tra cui quello più importante: gli uomini prima
dei giocatori. Ci sta. Ma in uno sport come quello del basket dove il colore ‘black’
della pelle è sinonimo di ‘differenza’ al contrario per questioni fisiche,
tecniche e soprattutto di talento puro che gli afroamericani proveniente dagli
Stati Uniti e al quale nessuno vuole rinunciare quando si costruisce una
squadra. Beh arrivare in finale scudetto facendone a meno è un qualcosa di più
che una semplice mini rivoluzione. Se poi al fianco di questa scelta ci si
mette l’ulteriore rivoluzionaria concezione che a dominare la casella della
provenienza dei vari giocatori fosse quella mini bandiera a noi tanto cara: il
tricolore, il colpo è fatto. Italia. Italiani. Giovani. Tre idee e concetti che
probabilmente appartengono ad una idea di basket che non pochi altri producono,
ma che in pochissimi perseguono ad alti livelli. Cinciarini, Della Valle,
Mussini, Polonara, Pini, Cervi. Sei giocatori che mettono regolarmente piede in
campo. Al loro fianco? Altri ‘biancastri’, Kaukenas, Diener e Lavrinovic su
tutti. Insomma il trionfo della programmazione, il trionfo della valorizzazione
del settore giovanile e di credere nei talenti nostrani. Il trionfo di un
gruppo. Basta cosi? E no. Non bastava perché in quel di Reggio Emilia tutte
queste cose sono come il pane quotidiano. Non tutte assieme, ma in gran parte.
Ci voleva qualcosa di particolare. OOPSSSS!!!. Pausa scenica prima del colpo a
sorpresa. Il non essere mai al completo durante la stagione forse poteva dare
qualche segnale, ma cosi è stato troppo. Prima gli acciacchi di Lavrinovic, poi
quelli di Kaukenas, poi quelli generali di una squadra che sembrava essere il
ritratto di un lazzaretto che quello di un team sportivo, la grana Cervi e poi
nei playoff pedine che cadevano come pezzi del domino. Prima Mussini e poi
Diener. Una squadra ridotta a rotazioni limitate. OOPSSSS!!!
Cuore, cuore, cuore e forse ancora un po’ di cuore. Venezia
eliminata a gara7. Ed ora? Ora al ballo delle debuttanti non conta chi ha il
vestito più bello, ma chi sa muovere i piedi e le mani meglio dell’altro. Ed
allora che si aprono le danze. Ps. Lo so che c’è un errore in quanto scritto. Che
una piccola ‘macchia’ nel bianco della Grissin Bon c’è e risponde al nome di Vitalis
Chikoko. Ma è stata una forzatura scenica. PS2 (che non è la playstation), ecco
a voi la Cleveland italiana, ‘forse’ non per Lebron James, ma per la sfiga
assolutamente si.
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L'esultanza di Jeff Brooks e compagni al Forum |
LO SHOW TIME DI
SASSARI – Un canestro più degli altri. Se fai un passo indietro di punti ne
arrivano tre e non due. Rimbalzo, contropiede, transizione con uno o al massimo
due passaggi e tiro. Giocatori dinamici, veloci, verticali, capaci di andare da
una parte all’altra senza mai perdere di efficacia, se poi invece del pick and
roll sono anche capaci di fare pick and pop, è sempre meglio. Questa è ed è
stata la filosofia di Meo Sacchetti. Una filosofia che prima è stata apprezzata
elogiata e a tratti anche posta su di un banco come per dire prendete esempio. Poi
però quando la stessa dopo aver fatto passare Sassari e la Dinamo da squadra
dei meandri della Legadue ai primi della LegaA, qualcuno ha storto il naso. Non
si difende, l’attacco vende i biglietti ma la difesa fa vincere le partite. Troppi
pochi chili in mezzo all’area, troppi tiri da tre, gioco monotematico e a
chiosa di tutto: con questo gioco nel lungo periodo non si vince nulla. Lungo
periodo. Già perché anche quando il nome della Dinamo si è iscritto per la
prima volta al tavolo dei vincitori delle Final8 di Coppa Italia oppure ha
conquistato il pass per avere una sedia al tavolo dell’Eurolega, nonostante la
contentezza, c’era qualcuno che storceva il naso. Dicasi lo stesso dopo quella
di quest’anno oppure prima ancora dopo la Supercoppa. OOPSSSS!!!
A differenza di Reggio per provare a far quadrare il cerchio
la Dinamo ha puntato sugli stranieri. Pochi italiani - Sacchetti figlio e
Devecchi quelli con più minuti e Formenti che prende quello che arriva – tanto ‘black’
sulla pelle e mani infuocate che tradotto in nomi si arriva a Dyson, Sosa,
Lawal, Sanders, Kadji, Brooks e Mbodji. E quale consacrazione migliore di un
sistema di gioco che sembrava inceppato alla seconda boa di metà stagione, che
era partito sconfitto a Trento, scalare le marce, innescare il turbo ed arrivare
fino a quel passo dall’umiliare niente un po’ di meno che la presunta dominatrice
assoluta Olimpia Milano. Per un narratore normale, il dramma sportivo delle
scarpette rosse e la prima finale dei sardi poteva bastare, ma non per il
nostro. Mancava il pepe. Ed allora ecco il 2-3; il 3-3 e poi tutto il palcoscenico
della partita più bella di una serie: la gara7. Uno scenario in cui tutto il
basket di cui dispone Sassari e cioè pericoloso, spumeggiante, soggetto a break
ma capace di recuperare con contro break, dinamicità a rimbalzo, tiro dalla
lunga distanza, contropiedi fulminanti, ha potuto mettersi in bella mostra e
sotto gli occhi spalancati di tutti.
Beh per chiudere ci sarebbero anche le questioni squalifiche
dopo la gara7 a Milano di cui al momento paga solo Lawal con una giornata di
assenza, ma come per Barnes e Dellavedova per le Finals Nba, questa storia ce
la serbiamo per il gran finale, bello o brutto che sia. Perché come dice il mio
socio in affari Anzoini “Le storie sono belle, ma vanno raccontate bene”. Ah
dimenticavo a Sassari vige lo ‘Splash’ come nella baia di San Francisco. Ecco a
voi i Warriors versione italiana.

CHI E’ PIU’ A SUD –
Prima di chiudere e di affidare tutto al campo ecco un’ultima premessa e una
domanda. La prima è che sono veramente scarso in geografia. Figuriamoci in
calcoli di latitudini e longitudini. La seconda è quella di provare a chiedere
a voi in maniera scientifica, magari commentando questo post, di stabilire chi
è più a Sud tra Sassari e Caserta. Perché? Beh ovvio. La Juve di Maggiò, di
Gentile, di Esposito, di Dell’Agnello di Shackleford e di Frank, fino ad ora è
stata l’unica squadra al sud di Roma e quindi del Sud Italia a portare a casa
il tricolore. Quindi la domanda finale è: Sassari e la Sardegna, sono più a sud
di Caserta? Nel caso di vittoria la Dinamo calerà il poker portandosi a casa
anche questo record? Restando in tema di terra di poeti e di grandi scrittore,
come disse qualcuno ‘non molto tempo fa’: “…ai
posteri l’ardua sentenza…”.
Buon Basket a tutti e che vinca il migliore.
QUESTO IL CALENDARIO
DELLA SERIE:
Gara 1
REGGIO EMILIA – SASSARI 14/06 ore 20:45
(diretta Rai Sport 1)
Gara 2
REGGIO EMILIA – SASSARI 16/06 ore 20:45
(diretta Rai Sport 1)
Gara 3
SASSARI – REGGIO EMILIA 18/06 ore 20:45
(diretta Rai Sport 2)
Gara 4
SASSARI – REGGIO EMILIA 20/06 ore 20:45
(diretta Rai Sport 2)
ev. gara 5
REGGIO EMILIA – SASSARI 22/06 ore 20:45
(diretta Rai Sport 1)
ev. gara 6
SASSARI – REGGIO EMILIA 24/06 ore 20:45
(diretta Rai Sport 1)
ev. gara 7
REGGIO EMILIA – SASSARI 26/06 ore 20:45
(diretta Rai Sport 1)
Domenico Pezzella