sabato 26 settembre 2015

BIANCO, CELESTE E BIANCO

E’ la storia del Tottenham che incantava l’Inghilterra. E’ la storia di un fenomeno argentino chiamato Osvaldo Ardiles. E’ la storia di un altro campione sudamericano chiamato Ricardo Villa. E’ la storia del mondiale vinto dall’Argentina nel 1978 a pochi passi dalla carneficina dell’Esma. E’ la storia del tonfo mundial del 1982. E’ la storia del popolo argentino e di quello inglese che non sono mai andati d’accordo. E’ la storia della guerra delle Falklands-Malvinas. Ma soprattutto è una storia di uomini, sentimenti veri, emozioni e pensieri. ‘Blanco,Celeste y Blanco’ o ‘White, Blue and White’, scegliete voi il titolo preferito, è una gemma nascosta incastonata tra i documentari sportivi di Espn. L’ho visto per caso, ho provato tantissime emozioni. Non c’è una versione italiana: per fortuna parlo spagnolo e sono andato via facile anche coi pochi sottotitoli inglesi (ma c’è una versione anche in lingua anglofona). Ci sono Osvaldo che divenne Ossie e Ricardo che divenne Ricky. C’è tutto in questo documentario che rende giustizia, merito, onore e rispetto al piccolo genio argentino che giocava il mondiale col numero 1 anche se era in mezzo al campo. Rende onore ad Ardiles ma anche a Villa, straordinari calciatori finiti, loro malgrado, al centro di una feroce polemica mentre vestivano la maglia degli Spurs e scoppiava il folle conflitto voluto dal generale Galtieri per riprendersi due isole. Un tentativo disperato per recuperare credibilità quando, ormai, il regime che fu di Videla era agli sgoccioli. Morirono 649 militari argentini (molti di fame e freddo) e 255 inglesi. Morì anche Jose Leonidas Ardiles, cugino di Ossie. Morì una parte di cuore del mondo civile che, nel 1982, non poteva credere a quello stava succedendo tra quei mari. L’unica cosa positiva che morì fu la dittatura argentina che si ricorderà, per sempre, di desaparecidos, esecuzioni, voli della morte ed una generazione stroncata. Il documentario non è solo le gesta fenomenali di Ardiles e Villa, i trionfi calcistici, è tanto altro. Nel mezzo compare una canzone, per me oscena, ma storica per i tifosi degli Spurs: ‘Ossie’s Dream’ che accompagnò il Tottenham alla conquista della FA Cup del centenario contro il Manchester City.
Una sfida vinta nel ‘replay’ sul manto erboso di Wembley e decisa da una fantastica doppietta di Villa (il secondo gol è fenomenale). Calcio e guerra in un miscuglio pazzesco di sentimenti, occhi lucidi, voglia di capire e dare un senso a quel 1982 fuori dal comune in Argentina come in Inghilterra. Un 1982 che ha segnato la vita di Ossie e Ricky. A rendere ancora più incredibile questo documentario c’è anche l’incidente stradale (filmato e si vede) occorso a Ardiles e Villa durante le riprese proprio alle Malvinas. Villa non riportò alcun danno, Ardiles fu costretto al ricovero immediato in ospedale per le ferite riportate. Lì, nelle sue Malvinas, in mezzo agli inglesi, scoprì quanto amore avevano per lui. Ardiles che, per il grande pubblico, è anche uno dei protagonisti di ‘Fuga per la vittoria’ con Pelè, Stallone, Moore e compagnia bella. Di tanti personaggi di questo piccolo capolavoro, quello che gradisco di meno resta Daniel Passarella: il capitano dell’Argentina mundial del 1978, apertamente al fianco della dittatura militare, el hombre vertical di quella nazionale. Ma va bene anche Passarella se poi la palla passa a quel genio calcistico di Glen Hoddle, talento purissimo del calcio inglese. E poi il grandissimo e commovente finale: la croce nelle Malvinas, i nomi dei caduti di quella guerra con particolare attenzione ai cognomi Love e Paz (amore e pace), i volti di tutti coloro che hanno reso possibile questa pellicola meravigliosa, in sottofondo la musica struggente di Mike Reed in Force Field. Un finale degno racchiuso dal pensiero di Ossie Ardiles: “Nunca mas, ese NO a la guerra es total, fundamental para mi, todo el mundo es mi hermano”. E’ vero: mai più una guerra, siamo tutti fratelli sotto questo cielo.


Camillo Anzoini



Il documentario in lingua originale, quindi spagnola


giovedì 24 settembre 2015

RFC IN CAMPO ANCHE CON LE DONNE

Gli RFC Lions Ska F.C. al primo giorno di allenamento
“Nel segno dell’antirazzismo”. Con l’entusiasmo che li ha sempre contraddistinti, la RFC Lions Ska Caserta Antirazzista sta ponendo le basi per la programmazione della stagione 2015-2016. Un’annata che presenterà non poche sorprese, che volta per volta saranno svelate. Come ribattezzato dal collettivo gestionale, si tratta del cosiddetto “anno zero” per la compagine antirazzista casertana, fondata nel 2011 per promuovere l’integrazione sociale attraverso lo sport e diffondere il proprio credo nei diversi luoghi in cui svolgono ogni giorno la propria attività. Dal momento in cui sono nati, tante sono le persone di varie culture che si sono avvicinate al progetto e che sono rimaste letteralmente folgorate da quella voglia di eludere le discriminazioni razziali, sessuali, culturali e religiose.
In un discorso aperto a sviluppare sempre di più tale concetto, la RFC Lions Ska Caserta Antirazzista ha deciso di intraprendere un cammino importante non solo nel calcio maschile ma anche in quello femminile. Da qui è nata l’idea di costruire una squadra di calcio “in gonnella”. Con vari manifesti via facebook e col passaparola, un nutrito numero di ragazze ha dato la propria entusiasta adesione per far parte della compagine antirazzista. Il gruppo di venti atlete è stato affidato ad Enza De Angelis, in passato rinomata giocatrice di calcio a 5 della Campania con il San Marco Evangelista, il Futsal Ischia e l’Isef di Napoli ed attualmente maratoneta col sogno della Maratona di Roma.
Le ragazze ed il collettivo degli RFC Lions
La grande iniziativa del 2015 è stata applaudita da tutti i componenti del progetto e dai tanti sostenitori. Le Leonesse prenderanno parte al campionato di calcio a 5 targato C.S.I., la cui partenza è prevista per metà ottobre. Così, poiché proprio in quel periodo parte anche la competizione riguardante la squadra maschile, è stato scelto un giorno comune per far partire l’intera carovana antirazzista. Nella serata lunedì di lunedì 21 settembre, nell’area ex Saint Gobain a Caserta, un gruppo di cinquanta persone di ogni colore, sesso, età e cultura ha iniziato la preparazione agli ordini degli allenatori Dario Goglia ed Enza De Angelis. Uno dei momenti più belli vissuti fino ad ora dalla RFC Lions Ska Caserta Antirazzista che non ha alcuna intenzione di fermarsi, anzi vuole ampliare sempre di più la portata di un sogno: eliminare ogni forma di razzismo nello sport come nella vita.


giovedì 17 settembre 2015

EUROBASKET 2015: OBIETTIVO RAGGIUNTO, GRAZIE RAGAZZI

Gallinari contro la Repubblica Ceka (foto Fip)

Ci prendiamo il Preolimpico, ci prendiamo l’obiettivo minimo, purtroppo è finita questa avventura che poteva avere i contorni della favola. Finisce qui, stritoliamo la Repubblica Ceka dei grandi Satoransky e Vesely e poco altro. Stritoliamo una delle rivelazioni del torneo, chiudiamo insieme alla Grecia al quinto posto e torniamo a casa. Peccato, questa avventura poteva avere ben altro finale ma la Lituania non era d’accordo con noi. Dispiace sia finita questa avventura anche per il clamoroso eco mediatico avuto intorno a questa squadra con tanto talento, tanta voglia di mettersi in mostra, tanta voglia di fare. Finisce con la qualificazione al Preolimpico con la speranza di poterlo organizzare al Pala Isozaki di Torino. La chiudiamo qui, sogniamo Rio e le Olimpiadi che ci mancano da Atene. Questo gruppo voglio vederlo ancora all’opera e quale miglior vetrina dei cerchi olimpici? Finisce qui, peccato, ma almeno portiamo a casa un traguardo. Senza giudizi, ecco le mie pagelle di fine avventura.
Della Valle 6 (politico), Polonara 6 (politico), Hackett 6, Cinciarini 6, Gentile 8, Gallinari 8, Bargnani 8, Belinelli 7.5, Datome 6 (politico), Cusin 6.5, Melli 6.5, Aradori 7, Pianigiani 7.

Camillo Anzoini

mercoledì 16 settembre 2015

EUROBASKET 2015: NULLA DA DIRE ITALIA, ORA PRENDIAMOCI RIO

Che Bargnani con la Lituania (foto Fip)
   
Partiamo dalla fine, dalla sirena: la delusione è tanta, la rabbia anche ma il basket difficilmente dice bugie. Quindi onore alla Lituania che, giustamente e con merito, vola in semifinale e spezza il nostro sogno. Quell’ultima azione dei regolamentari passa per la testa, ripenso e ripensiamo che sarebbe stata possibile gestirla meglio ma cosa vuoi dire contro Alessandro Gentile? Ma come fai a colpe al figlio di Nando? Impossibile, ha dimostrato ancora due palle che fanno provincia. Impossibile dare colpe al Mago Bargnani che sta giocando una partita più bella dell’altra. Dispiace che stiamo finendo questo cammino perché, finalmente, il Mago gioca da Mago. Non si può dire niente contro Danilo Gallinari, silente ma sempre presente e con grande personalità. Qualcosa si può dire a Marco Belinelli, un po’ troppo timido nell’overtime, ma poi ripenso a quello che ha fatto finora e mi sto zitto. Impossibile dire qualcosa contro quel cane di Aradori che è stato ancora magnifico. Come Cusin. Come Melli. Meno bene Cincia e Hackett, ma che vogliamo dirgli contro. Brava Lituania, complimenti. Ci sta facendo pagare a caro prezzo quella semifinale del 2004; da allora ci ha sempre punito. Ma ora bisogna ritrovare le energie, ritrovare la forza e battere subito la Repubblica Ceka (ammazza che talento Satoransky) e centrare il preolimpico che, presumibilmente, giocheremo al Pala Isozaki di Torino. Pensiamo a Rio, possiamo ancora farcela. Dobbiamo farcela perchè tutto l'amore per il basket visto, in questi giorni, in Italia dobbiamo farcela. Adesso andiamoci ad ubriacare di Tassoni perchè è giusto così. Ball dont lie.

Camillo Anzoini

lunedì 14 settembre 2015

EUROBASKET 2015: SHALOM ITALIA, SHALOM ALE IL GRANDE

Gentile ha distrutto Israele (foto Fip)

Non sul comodo divano di casa, con gli amici di ventura, tracannando Tassoni, tirando improperi ed aggiustando la bandiera sul balcone: questo ottavo contro Israele l’ho visto nella mia seconda casa. Ero al Palamaggiò per il Torneo Città di Caserta, sono l’addetto stampa della manifestazione, dovevo esserci ovviamente. Non potevo marcare visita. Poche presenze sugli spalti per la finalina tra Fortitudo e Roma, testa e mente a Lille. Io, tutta l’organizzazione, tutti i presenti: corpo a Pezza delle Noci, mente in Francia. E via con l’organizzazione di fortuna: il collega Andrea Canzano ci mette Ipad e Skygo, Tonino mette l’elettricità, angolo vicino alla panchina della Fortitudo, collegamento wifi che funziona (miracolo a Pezza delle Noci) e via, tutti a guardare. Tra amici, colleghi, dirigenti delle squadre, un occhio va sempre la: l’Italia macina gioco, smaciulla Israele. Coach Boniciolli chiede, si informa, ogni volta che gli diciamo il punteggio ha la faccia di chi: “Tutto secondo copione”. Sì coach, ok, ma lo scarto era impensabile. Anche Andrea Iannilli chiede info, gli dico: “Noi, sopra, di 30” ed il centrone della Effe replica: “Ah oggi avevano allenamento”. Sorriso. Sorrisi di tutti al Palamaggiò, è un massacro cestistico come pochi. Ho fumato meno sigarette del solito. Una location diversa dal solito e chi è il migliore? Ale Gentile. Ovviamente, avendo visto la partita sotto la curva Ancilotto dove campeggia la canotta di papà Nando, poteva non essere Ale il migliore? Tutto bello, tutto meravigliosamente bello. Incassiamo solo 52 punti, segnano tutti, anche il magazziniere. La Juvecaserta vince il torneo, Peyton Siva è galattico, il godimento è azzurro e bianconero. E’ notte, torno a casa, rivedo la partita, me la godo, sento l’incontenibile Flavio Tranquillo. Restiamo a Lille. Ci tocca la Lituania. Speriamo nel recupero del Mago. Non abbiamo paura di nessuno. Le Tassoni sono al fresco. Senza paura. Siamo tra i primi otto d’Europa. Vogliamo scalare un altro gradino.

Camillo Anzoini

giovedì 10 settembre 2015

EUROBASKET 2015: A LEZIONE DA TEODOSIC, GUARDIAMO AVANTI

Gentile molto bene con la Serbia (foto Fip)
  Regalare Datome e Belinelli renderebbe improba qualsiasi sfida, figurati contro la Serbia. La grande Serbia che sbaraglia la concorrenza e chiude imbattuta la prima fase. Non possiamo permetterci di regalare due giocatori del genere a nessuno, abbiamo pagato a caro prezzo con un -19 tanto ingeneroso quanto meritato. Adesso, in questa condizioni, non possiamo giocare contro la banda di Djordjevic. Una banda presa per mano da quel genio di Milos Teodosic: da spettatore chiamato in causa ho preso un treno addosso, da amante del gioco bisogna solo applaudire. Mostruosa prova di Milos, meraviglioso la compagine serba. Ma noi ci siamo stati anche stavolta ed è bello sottolineare i miglioramenti di Cincia, la faccia tosta di Polonara ed il debutto con tripla di Della Valle. Nel mezzo tantissimo Gentile, ancora un positivo Bargnani che cresce tantissimo soprattutto nella fase difensiva, qualche squillo del Gallo. Giusto far riposare i migliori e dare spazio a tutti. Oggi non possiamo giocare contro la Serbia, quindi beviamoci una bella Tassoni per sdrammatizzare una lezione incassata. Adesso andiamo al ‘win or go home’: noi ci arriviamo dopo essere passati dal girone della morte, dopo averla vista in faccia la disfatta, dopo essere resuscitati e messo paura a tutti. Quindi noi siamo abituati. Avanti il prossimo.

Camillo Anzoini

mercoledì 9 settembre 2015

EUROBASKET 2015: DANKE ITALIA, CIAO GERMANIA, ANDIAMO A LILLE

Meraviglioso Gallo contro la Germania (foto Fiba)
  Sapevamo tutti che sarebbe stato impossibile replicare la prova con la Spagna della sera prima, ma questa terza vittoria è la più bella. La più bella perché sofferta, giocata col cuore ed i coglioni, bella perché vincere contro tutto un palazzetto è sempre un piacere, bella perché purgare i tedeschi, dai, ci regala sempre un gusto particolare. Non è stata una Italia scintillante, è stata Italia vera, di cuore e da combattimento contro una Germania tosta che non voleva perdere anche questa. Sempre sotto, sempre ad inseguire, autori di tanti errori offensivi e difensivi ma sempre pronti a reagire, mai a morire. Quando giochiamo contro i tedeschi, a casa loro, è una sofferenza indicibile. Oggi come nel luglio del 2006. Oggi come quel giorno le stesse facce, gli stessi visi: sgomento nei crucchi, felicità immensa nei nostri. Ieri Grosso, Del Piero e Buffon; Gallo, Belinelli e Bargnani oggi. Come sempre, più bello di prima. Il basket non è uno sport di fama come il calcio, ma si gode di più anche per questo motivo. Siamo un piccolo grande popolo in marcia con gli Azzurri. E se vinci all’overtime, godi due volte. Non solo i tre fantastici tenori. Bravi veramente tutti: una volta tanto diamo a Cincia quel che è del Cincia. Battezzato anche dal parcheggiatore berlinese, ecco il Cincia. E poi quel cane di Aradori che segna e ti prende due rimbalzi pesantissimi. Dulcis in fundo Ale Gentile, basta non dico altro. Godo e basta per questa nuova mostruosa affermazione italica. E tracanno Tassoni come non mai. Nulla contro la Germania ma ormai è un dogma: almeno nello sport, li battiamo sempre. Ok, lo sport non risolve i problemi di una nazione, ma cazzo almeno teniamoci stretta questa soddisfazione. Intanto siamo a Lille, alla faccia di tutti (anche la mia) ed ora ci giochiamo il primo posto contro la grande Serbia. Ma questa Italia è grande ed allora non abbiamo paura più di niente e nessuno. Danke ragazzi, oink oink e grandissimo selfie di Alessandro Gentile nello spogliatoio. Anche questo significa essere un gruppo compatto alla meta.

Il selfie di Gentile a fine partita

Camillo Anzoini

EUROBASKET2015: LO FAMO STRANO ITALIA!!! ADIOS SPAGNA

Belinelli devastante contro la Spagna (foto Fiba)
Quando Flavio Tranquillo ha sciorinato tutto il suo repertorio lessicale di grande qualità, abbiamo messo la ciliegina sulla torta di una serata di grande basket. Immenso basket. Commovente basket. Dagli slalom alla Maradona di Gentile, ai tocchi rapidi che ricordavano il Brasile del '70, passando per 'lo famo strano' davanti alle magie di Gallinari, il buon Tranquillo (insieme ad un grande Pessina) ha narrato una pagina epica di pallacanestro azzurra. Eravamo nel fossato, ci leccavamo le ferite, eravamo già pronti ad andare a Fiumicino coi pomodori simil Italia post Nord Corea nel '66. Siamo onesti, sono onesto: nessuno poteva immaginare quello che ha visto. Ma si era visto subito che gli occhi erano quelli giusti. Datome zoppo che porta i compagni sul campo di battaglia, Bargnani fantastico e gli faccio i complimenti soprattutto per la difesa, una prova da urlo del Mago (ma perchè cazzo non giochi sempre con questa voglia). Il Gallo che fa sempre la cosa giusta ed ormai è inutile dire altro. Il 'cane' Aradori che non sbaglia una scelta, è aggressivo e cattivo e doveva sverniciare la testa di Rudy (testa di bip). Cusin che mi ha fatto scendere tre lacrime: la prima quando ha stoppato el barbudo dopo 323232 scivolamenti, la seconda con la schiacciata con fallo, la terza al quinto fallo che mi ha fatto nominare tanti santi invano. Bravissimo Hackett, lucido. Bravissimo Melli che ha fatto 100. Bravissimo Ale, ma non fa notizia la sua solidità mentale, fisica. E poi, c'è lui: quello da San Giovanni in Persiceto che ha segnato direttamente dalla palestra di casa. Quando ho visto che aveva realizzato solamente il suo quarto punto, in avvio di terzo periodo, ho detto: "4 punti Belinelli non si può vedere"; lo so che mi hai sentito Beli, lo so che l'hai fatto per me. E bravo pure Pianigiani, una volta tanto applaudiamo il coach che ha i suoi meriti. Bravi tutti. Era da Italia vs Lituania che non urlavo: "100, 100, 100". Oggi come quel giorno era fantascienza pensare ad una vittoria. Noi italiani facciamo le cose per bene. Lo famo bene e strano. Ah dimenticavo, abbiamo massacrato la Spagna di un Gasol che strappa applausi ed insulti alla velocità della luce. Ah gli spagnoli quanto hanno rosicato, mamma mia. Il basket è il gioco più bello del mondo: batti la super Spagna tracannando Tassoni. Godiamo a Berlino, vinciamo a Berlino, ma ora sotto con la Germania. Facciamo il nostro dovere: vinciamo e poi ci penseranno i White Stripes. Popopppopopopopo!!!

Camillo Anzoini

domenica 6 settembre 2015

EUROBASKET 2015: ONORE ALL'ISLANDA, VINCIAMO CON POCO MERITO

Gentile migliore in campo con l'Islanda (foto Fiba)
Vittoria doveva essere e vittoria è stata: con questa frase banale e scontata apro l'analisi di un inedito Italia-Islanda che doveva essere ben diversa da quello che, poi, si è rivelata. Non mi aspettavo una passeggiata, memore di quanto visto dai vichingi con la Germania, ma neanche una sofferenza indicibile. Perchè, ammettiamolo, è stata una sofferenza indicibile. A 3' dalla fine ero nel fossato insieme agli Azzurri, ero ad un passo dal crollo nervoso nonostante la massiccia dose di Tassoni e Lucky Strike. Ho fumato peggio del solito, ho bruciato quasi un pacchetto per il nervoso nel vedere tanto talento sprecato. Ancora una volta c'è ben poco da salvare: sì la difesa, per alcuni tratti è andata bene ma non è che ci volesse chissà che cosa. Certo, Stefannson e soci, nel primo tempo, segnavano sempre e comunque, anche bendati, ma non era impresa dura arginare questo team. L'attacco è stato legato solamente alla luna dei singoli: Gallo si è presa una pausa di un giorno, a fare gli straordinari è stato Ale Gentile veramente bravo. Solido di testa, concentrato, preciso e cattivo, Alessandro è stato l'mvp di giornata. Menzione di merito anche per Aradori e Melli, il resto nell'ordinario o decisamente scadente. Non so se meritavamo di perderla, ma neanche di vincerla. L'Islanda fa simpatia ma sa stare in mezzo al campo, noi no. O ci diamo una bella svegliata, oppure restiamo a Berlino (Beppe).

Camillo Anzoini

EUROBASKET 2015: IL BASKET E' GIUSTO, ITALIA KO CON LA TURCHIA

Supremo Gallinari contro la Turchia (foto Fiba)
Il basket è bello perchè è giusto, o almeno nella stragrande maggioranza dei casi. Fermi tutti, se lo sgangherato tiro di Belinelli andava a bersaglio ero ancora a correre nudo per le vie di Caserta avvolto nell'italico tricolore. Ma il basket è giusto e perdiamo l'esordio europeo contro la Turchia. Sicuramente si sprecheranno le scritte 'mamma li turchi', io direi 'mamma che brutta Italia'. Una prestazione decisamente incolore, scialba, senza ne capo ne coda per quasi 30'. Io vorrei ancora capire qual'era la scelta sul solito, ripetitivo, snervante, stancante pick 'n roll centrale di Dixon con Erden (che tanto ho schifato quando era ai miei Celtics, figurati dopo stasera). Non l'ho capita. Così come non ho capito come è possibile commettere delle banali errate valutazioni e spaziature difensive. Facile dirlo ora, ma lo ripetevo più volte durante il match visto con tanti amici ed un fiume di Tassoni e birre: INTASIAMO L'AREA. Era la scelta più comoda visto che le rotazioni erano inesistenti. Fiumi di Tassoni a casa mia, tra noi, ma i turchi se ne sono andati via (sto parafrasando, male male male, i Jalisse). Non pensavo di vedere una sconfitta.
Ci credevo molto prima, ci credo un pò meno oggi dopo questa prova. Ha vinto chi ha condotto dall'inizio alla fine, il basket è giusto. Dispiace perdere ma bisogna ammettere i meriti altrui ed il basket è uno sport che ti insegna a saper perdere. Ci sarebbero tante cose da dire sui singoli, diventa inutile farlo ed è anche stancante visto che dietro la lavagna ci vanno quasi tutti. Gallinari supremo, palla al Gallo e speriamo bene. Belinelli ha fatto due errori consecutivi sull'ultimo possesso ma solo chi ha giocato o gioca a basket sa che, in quei momenti, facilmente si chiude la vena e vuoi vincerla tu. L'abbiamo persa. Adesso ci tocca la simpatica e spericolata Islanda, non facciamo scherzi. Non vogliamo restare a Berlino, ragazzi.

Camillo Anzoini

sabato 5 settembre 2015

UN GRANDE SOGNO AZZURRO


E’ bastato un video una traccia musicale un qualcosa di virale. Tutti da una parte dello spogliatoio raggruppati a torso nudo, la canzone parte, un cameraman e via allo show. Le note erano quelle di Baby K feat Giusi Ferreri nel pezzo Roma-Bangkok. Gli interpreti? L’intera nazionale azzurra di basket guida da un Hackett davvero in grande spolvero come ballerino. Ed allora è proprio prendendo spunto da alcune strofe della stessa canzone vogliamo provare a dare il via al nostro di Europeo. Quello di Oltre l’ultimo Secondo e fino all’ultimo secondo. AVANTI ITALIA!!!

«Vestiti in fretta perché ho voglia di far festa, sai non importa il trucco, la bellezza è in testa!»
I vestiti sono quelli colorati di azzurro, sono quelli colorati di rosso e di verde intervallati da un bianco splendente. La festa? Per ora un passo alla volta altrimenti i più scaramantici non leggeranno più questo blog. La bellezza è in testa. In cima o nella testa? Tutte e due. Gli azzurri di quest’anno nella loro di testa hanno un obiettivo che è la testa di un percorso in nazionale, una cima che da troppo tempo guardano da lontano.

«Abbiamo visto il cielo piangerci addosso. Perciò balliamo ora che il Sole è nostro
Voglio una musica che mi ricorda l'Africa. All'improvviso tutto il mondo cambia pagina
Innamorarsi con la Luna nel mare Partire, tornare…»
Un cielo fatto di nubi di talento cestistico che stentava ad arrivare anche quando alla base delle varie selezioni c’era la scritta Nba dei primi italiani volati oltreoceano. Sconfitte, troppo poco talento per poter sgomitare ed emergere all’interno di un continente prima ancora che di un globo terrestre talmente avanti da far sembrare quello azzurro un cielo triste, cupo e senza speranza. Ancora sconfitte. Tante. Ora? Non più. All’improvviso il mondo cambia pagina. L’Italia del basket nel silenzio generale cambia passo. Datome, Gallinari, Gentile, Aradori, Belinelli. Tutti giocatori che anno dopo anno insieme agli altri hanno aumentato i giri dei loro personali motori portando quello dell’Italbasket ad avere un rombo diverso. Un rombo che negli ultimi anni, nonostante quanto accaduto all’ultimo appuntamento Europeo – contate anche tutte le attenuanti del caso – ha portato gli amanti della palla a spicchi ad innamorarsi con la luna nel mare. A sognare quella luna a spicchi in un mare di talento chiamato Eurobasket.


«E senza sapere quando. Andata senza ritorno. Ti seguirei fino in capo al mondo. All'ultimo secondo. Volerei da te da Milano fino ad Hong Kong. Passando per Londra, da Roma fino a Bangkok. Cercando te…»
Nessuno può dire come e quando questa Nazionale avrà la sua vera e piena consacrazione. C’è stata una frase di Datome che recitava: «Non voglio essere parte di una generazione che non ha mai vinto nulla con la maglia della nazionale». Che lascia intendere che quello intrapreso pochi giorni fa verso Berlino potrebbe essere anche essere la volta buona per un viaggio senza ritorno. Ritorno dove? Nel limbo del basket Europeo. La volta buona per sfruttare al meglio tutto il talento gli azzurri si ritrovano visto che non a caso quella attuale è stata considerata la nazionale più talentuosa di sempre. I tifosi? Ovviamente quelli l’hanno sempre seguita perché il sangue è arancione con degli spicchi. Sempre e fino in capo al mondo. Dovessero però questa volta passare attraverso i confini di Montpellier, Berlino, Riga e Zagabria. Chilometri su chilometri per cercare te. Te come Italia. Te come Basket di alto livello. Te come un sogno che tutti noi coltiviamo da tempo. Anzi facciamo da quel 1999.

«Alza il volume della traccia Torneremo a casa solo quando il Sole sorge. Questa vita ti sconvolge
E senza sapere quando… Anche i muri di questa città Mi parlano di te Le parole restano a metà E più aumenta la distanza tra me e te Giuro questa volta ti vengo a prendere….».
Con ogni probabilità questa sarà stata la parte della canzone che ognuno dei componenti azzurri vorrebbe fare propria alla fine dell’ultimo giorno, come accadde ai vari Meneghin, Myers e cosi via tanto, tanto tempo fa.

«E senza sapere quando Volerei da te da Milano fino ad Hong Kong. Passando per Londra, da Roma fino a Bangkok, cercando TE…»
E allora non vogliamo sapere quando. Non vogliamo sapere come. Non vogliamo sapere se di un punto allo scadere o dominando in lungo ed in largo. Quello che vogliamo sapere e provare è quell’adrenalina che corre lungo il corpo di chi cerca e insegue un sogno. Quell’adrenalina di chi cerca TE, chi cerca Eurobasket, chi cerca soddisfazioni e forse potete anche ripetervelo sotto voce per non farvi sentire: l’olimpiade.

https://www.youtube.com/watch?v=GCPQ6_F-xfo

Domenico Pezzella

mercoledì 12 agosto 2015

WELCOME PEYTON, 206 FOREVER

Una bella storia di pallacanestro, vita, infiamma l'estate all'ombra della Reggia.
Siva sul tetto del campionato Ncaa coi Cardinals
Ha qualcosa di magico non solo per come gioca, ma anche per la persona che è. Peyton Siva Jr è il nuovo playmaker della Juvecaserta, un talento vero, uno che in Italia può fare tranquillamente la differenza anche nei team di primissima fascia. Da casertano non posso che essere strafelice di vederlo con la canotta bianconera e sono già pronto a gustarmi, per un anno intero, questo ragazzo speciale. Chi mastica pane ed Ncaa (come me) non ha bisogno di presentazioni, sa già chi è Siva. Il samoano che ha preso le chiavi dei Louisville Cardinals e li ha portati al titolo nazionale del 2013. Se un coach del calibro di Rick Pitino gli ha dato la squadra in mano, non c’è bisogno di dire altro. Il suo rapporto con Pitino era ai livelli di papà-figlio: una coppia che ha costruito le fortune dei Cardinals, mente e braccio dello stesso corpo, ed anche tatuaggio. Pare, infatti, che sia stata una promessa fatta a Siva ad obbligare il non più giovanissimo Pitino a farsi il tatoo commemorativo della vittoria del titolo Ncaa. L'ho visto giocare dal vivo quando andai al Madison Square Garden per il torneo della Big East: era al secondo anno ma già era comodamente in campo nella netta vittoria dei Cardinals contro Notre Dame dove giocava... Carleton Scott. Corsi e ricorsi storici.
Peyton e coach Rick Pitino, un rapporto speciale
Per chi non conoscesse il Siva giocatore stiamo parlando di un play guardia con immense doti visive, passatore eccellente, ball handling di qualità sublime, cross over degno del numero che indossava a Louisville (il 3, ovviamente avete capito a chi sto pensando), ottima mano, gran saltatore capace di schiacciare comodamente, in tap in oppure di chiudere un alley oop. Insomma, detta così Caserta ha fatto bingo ma bisogna sempre andarci cauti soprattutto per un ragazzo alla sua prima esperienza all’estero. Coi Cardinals ha fatto sfraceli: nel 2013 era il predestinato al titolo soprattutto dopo il drammatico infortunio occorso al compagno di squadra Kevin Ware. Match di Elite Eight contro i temibili ed odiati BluDevils di Duke; in mondovisione Ware si disintegra una gamba tra le lacrime dei compagni, la svomitazza di altri, il dramma del giocatore. Da lì in poi nessuno avrebbe firmato Louisville, neanche Michigan. Vittoria del titolo nazionale, tra i suoi riconoscimenti personali c’è il titolo di miglior giocatore dello stato di Washington, All American, giocatore dell’anno nella Conference Big East (tra le più combattute d’America), vincitore della Big East e mvp. Tutti ai piedi di Siva che esce dal college e viene chiamato da Caserta ma risponde picche, vuole giocare tra i pro nonostante la taglia esigua (183 cm, stando alle cronache). In Nba è stato scelto da Detroit, poca fortuna; stesso dicasi con gli Orlando Magic. Meglio in NBDL con gli Erie Bayhawks ma ora voleva provare una nuova esperienza. Prende l’aereo e vola a Caserta con sua moglie Patience e la piccola Adalynn che potrebbe diventare la Riley Curry del Palamaggiò.
Il suo tatuaggio 206 in onore di Seattle
Ma la grandezza di Siva è anche e soprattutto per il ragazzo e la sua vita privata. Cattolico osservante, grande comunicatore, leadership innata nonostante un’infanzia tutt’altro che facile: cresciuto con la mamma che per sfamare tutta la famiglia si spaccava la schiena con tre lavori, il fratello maggiore e la sorella molto famosi al Commissariato di zona visti i problemi con la legge (dentro e fuori dal carcere), un papà che si faceva di alcol e droghe quotidianamente. L’avventura più incredibile della sua vita è a 13 anni quando sale su una macchina, da solo, e guida alla ricerca del padre che era scomparso da qualche giorno. Lo trova in una casa abbandonata, con una pistola in mano, pronto al suicidio. Il piccolo Peyton gli parla, trova le parole giuste e lo fa desistere dal tentativo. Siva è una leggenda nel suo quartiere visto l’aiuto che ha dato a tanti ragazzi per sfuggire all’alcol e la droga. Così com’è riuscito a fare col padre. Spesso è possibile trovarlo nella mensa dei senzatetto a servire un pasto caldo ai bisognosi della sua Seattle. Lì lo conoscono tutti anche per la grandissima esperienza avuta alla Franklin High School dove portava a scuola avversari quotati e di altra stazza e, fidatevi, non è facilissimo mettersi in mostra quando giochi nella città di Hendrix e Kurt Cobain. E’ il samoano più famoso d’America, legato strenuamente alle sue origini, Siva sarà sicuramente uno dei personaggi della prossima LegaA. Tifoso sfegatato dei Seattle Seahawks (eh caro Peyton quest’anno i miei Patriots ti hanno battuto), ha provato prima col calcio (si narra che sia bravo, Casertana facci un pensiero), da buon abitante di quella città incantevole ha un tatuaggio sul braccio con scritto 206: è il codice postale di Seattle, è il saluto tra i giocatori provenienti da lì. Perché se sei di Seattle, 206 lo porti nel cuore e nella vita. 206 Peyton, benvenuto a Caserta.


Camillo Anzoini

martedì 28 luglio 2015

FINALMENTE TANIA

Era la medaglia che più voleva e finalmente se l’è presa con solita eleganza e bellezza stordente. Finalmente Tania Cagnotto vince l’oro nei Mondiali; i suoi balzi ed avvitamenti hanno ammaliato tutti nella piscina di Kazan. Quel trampolino di un metro si colora d’azzurro e di oro, quello mancato troppe volte per un soffio in carriera. Medaglie in otto mondiali consecutivi, quattro volte sul podio del trampolino più piccolo, ma mai l’oro. La cinese d’Italia ci ha fatto sognare ancora una volta. Su quel trampolino c’eravamo tutti con lei e finalmente siamo d’oro. Anche i mostri sacri cinesi si sono inchinate alla nostra bolzanina che, a 30 anni, riscrive la storia dello sport italiano. Finalmente suona l’inno di Mameli, finalmente può piangere di gioia e non di rabbia. Le sue lacrime sono le nostre lacrime al suono del nostro inno; dopo Klaus Di Biasi, adesso tocca a Tania. La nostra bandiera tricolore in mezzo a quelle cinesi, mai visto finora. Ed adesso pensiamo a Rio perché, dopo essere stata la prima italiana a conquistare un oro nel trampolino mondiale, adesso vogliamo anche la conquista dei cinque cerchi.

Camillo Anzoini

venerdì 26 giugno 2015

HA VINTO SASSARI, HA VINTO REGGIO, HA VINTO IL BASKET ITALIANO

Sanders mvp delle Finals (foto Dinano Sassari)
Ode alla gara7 delle Finals Italiane.

Ha vinto il basket italiano e questa è la notizia più bella possibile.
Ha vinto Sassari sul campo.
Ha vinto Reggio Emilia moralmente perché se perdi gara7, hai vinto comunque.
Ha vinto Sassari il suo primo storico scudetto. Ed è triplete.
Ha vinto Reggio Emilia che ha perso la sua prima finale scudetto ma ci ritornerà e lo vincerà.
Ha vinto chi ha pianto dalla rabbia, chi dalla gioia.
Ha vinto chi è andato ad abbracciare gli sconfitti.
Ha vinto il pubblico delle due fazioni uniti in un gemellaggio tanto bello quanto nuovo a base di parmigiano reggiano e pecorino sardo.
Ha vinto (il premio stupidità) il tifoso reggiano che ha ‘accarezzato’ Sosa ed è stato espulso dal palazzetto. Complimenti, hai vinto questo ambito premio.
Ha vinto il basket italiano capace di arrivare a scombussolare il palinsesto Rai e volare su Rai3 in prime time.
Ha vinto il basket italiano capace di arrivare sulla pagine anche di Repubblica.it con tanto spazio anche nel box al fianco dell’apertura.
Ha vinto il progetto della Reggiana basato sui giovani del vivaio.
Ha vinto il progetto della Dinamo e del presidente Sardara.
Ha vinto Menetti, coach di grande qualità che ha plasmato un gruppo giovane, con qualche sempreverde, e l’ha portato fin qui.
Ha vinto Sacchetti troppo spesso accusato di essere un coach poco tattico. Arrivare qui significa essere un grande allenatore. Dedicato ai suoi detrattori.
Ha vinto Lawal che, dalla serie A2, ha strappato un contratto di tre anni a Barcellona.
Ha vinto Cinciarini che ha dimostrato di essere un bellissimo play.
Ha vinto Logan che, nel 2006, era a Pavia ed ora guardate dov’è arrivato e quando incide.
Ha vinto Polonara, quanto sei cresciuto, ora non sei solo un saltatore, sei un vero giocatore.
Ha vinto Devecchi, uno che voglio sempre nella mia squadra del cuore.
Ha vinto Kaukenas che non muore mai e continua ad insegnare basket.
Ha vinto Lavrinovic… leggi Kaukenas.
Ha vinto Dyson che ha segnato anche dai gabinetti dei palazzetti.
Ha vinto Brooks che, da buon casertano, porto sempre nel cuore.
Ha vinto Della Valle ormai giocatore vero e non più il figlio del grande Carlo.
Ha vinto Silins che non ha mai smesso di lottare nonostante la caviglia.
Ha vinto Diener perché… la sua storia personale lo rende unico.
Ha vinto Sanders miglior marcatore delle Finals.
Ha vinto la Rai che, nonostante degli errori, comunque ha dato ampio spazio alla finale.
Ha vinto la coppia Dembiski-Fanelli che non saranno Buffa-Tranquillo ma ci mettono passione.
Ha vinto coach Stefano Michelini, grande persona, grande coach, godibile spalla tecnica in telecronaca e grande abbronzatura.
Ha vinto Alice Pedrazzi che, ormai, non è solo la figlia del pregevole giornalista Werther ma si è guadagnata credibilità con la sua precisione.
Ha vinto Razzoli, tifoso reggiano.
Ha vinto Sirigu, tifoso sassarese.
Ha vinto Datome, standing ovation per lui al Serradimigni.
Ha vinto Geppi Cucciari sempre al fianco della sua Dinamo.
Ha vinto la Sardegna, regione meravigliosa che meritava questo proscenio.
Ha vinto l’Emilia Romagna ritornata baricentro del basket nazionale.
Ha vinto chi ha scoperto il basket grazie a queste finali.
Ha vinto ‘La giornata tipo’ che ci ha accompagnato in sette sfide uniche.
Ha vinto il popolo cestistico perché nessuno sport è così emozionante, crudele, meraviglioso.

Camillo Anzoini

lunedì 22 giugno 2015

LA LEGGENDA NORDCOREANA

Questa volta avevo un pensiero fisso.
Voglio scrivere di una leggenda contemporanea.
Allora l’ho cercata e alla fine ne ho trovata una che un po’ per la data e un po’ perché non l'ha vissuta, non la ricorda più' nessuno ma basta scrivere no?! 
Pak Doo-Ik (PyongYang 17\3\1942) è un ex calciatore della Corea difficile, quella del Nord che è stato uno dei protagonisti del mondiale del 1966 in Inghilterra. Fece goal al ‘42 il 19 Luglio contro l’Italia e ci eliminò, ma non è solo questa la sua storia.
Le guide turistiche coreane lo considerano uno dei cinque personaggi principali di Pyongyang, insieme ad un politico, una cantante lirica, un compositore e un linguista.
Il celebre gol di Pak Do-Ik all'Italia nel 1968
Lui per molti anni è stato l’uomo leggenda per eccellenza nello sport occidentale e non del tutto per meriti sportivi ma proprio inteso come storia. Dopo il goal che di fatto ci fece tornare a casa in quel mondiale, la nostra stampa iniziò a diffondere la notizia che Pak Doo-Ik fosse in realtà un dentista, messo in campo un po’ per caso, e non un vero calciatore. La verità è che è stato un ex-tipografo, poi militare dell'esercito. 
La sua storia è più complicata di quella leggenda.
Il Chollima Team (Cavallo Alato), e cioè la squadra nordcoreana, e questo fu il nome che loro stessi si diedero, si presentò al mondiale del 1966 con un avvertimento del dittatore Kim Il Sung che gli risuonava in testa: "Dovete vincere una o due gare. Per farlo dovete correre velocemente e tirare con precisione". Pak eseguì alla lettera tanto che il nostro ct Fabbri mandò il vice a vederli allenare e questi al ritorno disse: "Corroro, corrono, sembrano ridolini".
Insomma Pak ci fece goal e la notte fu baldoria per tutta la squadra. L’Inghilterra li aveva adottati, i pub e le inglesi pure e Kim fece arrivare notizie di compiacimento.
Poi venne il Portogallo e i 5 goal subiti e il ritorno in patria non fu poi così glorioso per tutti ma non per Pak che la sera dopo l’Italia era rimasto in camera per una gastrite.
Kim Il Sung li dichiarò "borghesi e rovinati dall’imperialismo" e fece addirittura spedire alcuni giocatori in campi di torture a mangiare insetti. Ma il malore 'fortunato' di Pak Doo-Ik  lo protesse dall’ira funesta del dittatore che dopo averlo allontanato dalla capitale lo spedì a fare il boscaiolo per 10 anni per poi reinserirlo progressivamente dello sport nordcoreano dapprima facendolo dirigere il comitato atletico di una città periferica e poi facendolo tornare a Pyongyang come tecnico di una squadra di calcio e infine come direttore dello Stadio.
La storia si conclude con la grande villa a due piani con pochi ricordi di Pak a Pyongyang, gli inglesi che fanno un documentario su quella storia del mondiale del 1966 intitolandolo 'La Partita della Loro Vita' e l'unica frase di Pak Doo-Ik sull'intera vicenda: "La verità è che segnai un gran goal".

Tiziana Tavilla

mercoledì 17 giugno 2015

DIARIO FINALS: 4-2, L'ANELLO VA NELLA BAIA

La schiacciata di Iguodala sulla faccia di Thompson
Il mio pregara comincia col clasico del Rio de la Plata tra Argentina e Uruguay, sto parlando di Copa America e calcio di primissima qualità. Ma poi scossa l'ora del match che può valere una stagione intera. Mesi di lavoro, partite, canestri e sogni in palio in 48'. Cleveland con le spalle al muro, condannata a vincere ma davanti al proprio pubblico. Golden State pronta a riscrivere la storia e mandare nel libro dei ricordi l'unico anello conquistato nel 1975. Tutto apparecchiato, grande match. E finale logico, meritato, giusto: un plauso a coach Kerr per aver vinto la serie facendo sedere Iguodala e tornando a farci vedere quella splendida macchina da guerra chiamata Golden State Warriors.

I Cavs, spinti dalla Quicken Loans, sono carichi ma non segnano. Non segnano mai. La difesa tiene poco e nulla. I Warriors in carrozza. Curry c'è, e trema tutto l'Ohio. Bomba Barnes, bomba dello spartano. Delly quanta sofferenza. Mozgov c'è ma Golden State vola sul +13. Iguodala è sempre l'eroe della serie, se segna pure possiamo andare a dormire. Se fa anche 3 assist, goodmorning. 15-28.

Bigut, amico mio, resta seduta tabni Ezeli viene prima di te. I Cavs rialzano la testa, il Re non vuole mollare. Kerr se ne frega e resta coi piccoli, Blatt se ne frega e resta col doppio lungo. La 'veloce' di Mozgov su Iguodala. Shumpert duro sul blocco, James ad un passo dalla 'doppia doppia' al 3' del secondo periodo. Bon Jovi a tutto volume. Lo spartano è commovente, Barnes è caliente: il quintettino tiene con dignità. L'importanza di Livingston e Lee. James farebbe segnare anche me, figuriamoci Tristan. I Cavs non muoino mai ma Delly sta prendendo gli schiaffoni. 43-45.

La scucchiaiata di Curry
I Cavs hanno coraggio ma Golden Satate ha qualcosa in più. Triple a raffica contro la difesa di Cleveland. Non solo Curry, tornato su grandi livelli, ma c'è tanto guacamole messo da Iguodala che segna una continuazione dall'arco e ci mette gli assist. Green che non sbaglia nulla ed ha un'energia disumana. C'è anche la samba di Leandriho. Le doppie doppie di LeBron e Tristan ma gli altri sbagliano tutto. La tripla doppia diventa reale per Green che porta un pizzico di Michigan State Spartans in paradiso. Il manifesto è Iggy per la difesa sul Re ma anche quello che fa in attacco. Oh si rivede Delly. Su Sky cominciano a far vedere le immagini del 4-0 dei Warriors sui Washington Bullets nel 1975, ormai è tutto apparecchiato per la grande impresa. LeBron trentelleggia anche stavolta e chiude una Finals semplicemente mostruosa. Jr non ha perso l'occasione per commettere i suoi classici errori madornali. Shumpert non molla. Livingston spaziale nel periodo finale e il destino gli ha ridato indietro tanto. Dellavedova toglie lo 0 nello score a 101" dalla sirena. La bellezza di Riley Curry. In clan Curry in visibilio. Inizia il countdown mentre all'Oracle sono già impazziti. Cleveland merita l'onore delle armi perchè se la gioca fino alla fine. Le tre bombe di Jr in neanche un minuto. Curry che urla a Green, almeno 10 volte, "WHAT?". LeBron esce prima dal campo e va, con grande sportività e dignità, a dare la mano a tutti gli avversari. Non è da tutti, bravo. La sirena della Quicken Loans suona alle 5.59 italiane. Golden State Warriors NBA Champions.

Il punteggio finale è 97-105. La serie è finita qui: 4-2, come vorrei essere ora nella mia amata Baia per vedere i festeggiamenti. PS. Bogut ridacce l'anello!!!

MVP GAME6: Andre Iguodala. Oggi e nella serie imho.

Camillo Anzoini 

lunedì 15 giugno 2015

EUROBASKET 2015: LE IMPAVIDE VANNO A CASA

Capitan Masciadri è stata la migliore contro la Turchia
Chiudete i borsoni si torna a casa. Non basta il cuore e il coraggio, gli errori si pagano purtroppo e alla fine, a guardare ben, un po' tutti sono colpevoli. Una nazionale che aveva esperienza ma che soprattutto si è sempre sbattuta contro ogni avversità, esce da un torneo in cui non era così peregrino passare il turno. Sconfitti da un tap in volante che regala alla Bielorussia il supplementare nella prima gara, da due blackout totali contro la Grecia (per la serie "non chiamatele cariatidi") dopo uno 0-13 e un 2-18 che ci avevano illuso, e una sconfitta, anche attesa forse alla vigilia, contro una Turchia che si è dimostrata superiore, seppur di poco. A Oradea finisce 50-44 per le ragazze del Bosforo, che dopo un avvio pigro in difesa, costruiscono un vantaggio importante tra la fine del primo quarto e il secondo, scavando un fosso che sarà decisivo. Le azzurre con tanta "garra" tornano finanche a -4 (44-40) dopo il -16, quando Crippa e una leonina Fassina infilano canestri importanti, e soprattutto la nostra difesa tiene a secco per 7' le avversarie nel decisivo ultimo quarto. Bastano però due liberi di Ylmaz, eterna come sempre a dare quella fiducia necessaria a scogliere ogni velleità. Partita decisa dalle percentuali, che le turche aggiustano nella ripresa grazie alle triple di Koksal e proprio dell'eterna Ylmaz (35 anni domani che chiuderà con 12 punti e 6 rimbalzi), nonchè dalla veemenza e dall'impatto di Sanders (6 punti 12 rimbalzi e 4 stoppate). Un contributo però a nostro avviso determinante per la vittoria lo scrive il play tascabile Alben, per tutti  i 40' sul parquet, che segna nell'ultimo minuto un canestro decisivo ai fini della vittoria, scrivendo anche sul referto 11 punti, 7 rimbalzi e altrettanti assist. Bene anche le giovani dalla panchina, con Cora e Koksal sempre brave a impattare e a dare quel quid in più per dare intensità. Non va dimenticata anche la Caglar, una delle giocatrici più talentuose in forza alla squadra bosforica, che subisce tanti falli e sempre nel momento cruciale si fa trovare pronta (7 punti e 6 falli subiti per lei). Per le azzurre, 7 punti per Fassina, stoica nel quarto periodo, 8 con percentuali orribili di Sottana, 5 di Crippa e 13 di capitan Masciadri, unica stasera a muovere con continuità il punteggio e ultima a mollare.
LA CRONACA. Fino a quando reggono le percentuali, le azzurre sono avanti 6-10, con Sottana e Masciadri brave a sfruttare gli spazi, ma dal 4' in poi è solo dominio delle rosse. Alben inventa, Ylmaz finalizza, prima per il pareggio, poi con Caglar e la giovanissima Cakir per il sorpasso. Sanders apre la ferita, ma un provvidenziale jumper di Zanoni sulla sirena limita i danni di uno dei soliti blackout delle azzurre (18-14 al 10'). Semplicemente il reamke dell'orrido secondo quarto con la Grecia. Caglar colpisce puntuale in uscita dai blocchi, Alben in penetrazione è ficcante, Vardarli Demirmen è impeccabile, ed un 11-0, spezzato solo da un 1/2 di Consolini, affossa le nostre che incappano in tante palle perse e troppi errori. Ylmaz domina in vernice e alla pausa lunga siamo 31-19. Le "impavide" nella ripresa ci provano, ma solo Masciadri sembra avere la mano giusta. Sanders colpisce dalla media, ma a scuotere davvero le turche ci pensa Koksal che  le sblocca anche dai 6,75, cosicchè Ylmaz con la bomba frontale sembra atterrire le nostre con il 40-24 al 26'. Nel baratro e con tanta incoscienza, ci pensano Fassina e Masciadri a risollevare le ragazze di Ricchini, che sprecano però i tanti frutti in difesa perdendosi la giovane Canitez su una rimessa. Cora firma il 44-30, ma si grida ancora battaglia prima della sirena finale con Fassina che insacca la tripla del 44-33 all'ultimo stop and go. Difesa perfetta delle azzurre negli ultimi 10' e Gorini e Fassina che con tanta follia e sfruttando il proprio tonnellaggio, i prendono punti importanti. Serve la carta magica e questa arriva, si chiama Martina Crippa, che con una tripla ignorante alla Basile e un jumper forzato dalla media scrive 44-42 a 3'47" dal termine che fa gridare al miracolo. Purtroppo il bonus è speso, Ylmaz di esperienza ne ha da vendere e due liberi sbloccano da quota zero la Turchia che ringrazia. Sbagliamo per ben due volte il canestro della risposta, quello per rimanere incollati al match, e Alben ci punisce in pentrazione appoggiando al vetro. Di fatto finisce qui, con Caglar che si prende il fallo sistematico e ancora Alben che fa scorrere il tassametro prima del canestro finale di Sottana che serve solo a rendere meno amara la sconfitta. E' 50-44 alla sirena finale. Tutti a casa.

Domenico Landolfo

DIARIO FINALS: PAZZI DI CURRY, 3-2 WARRIORS

Quando una serie, al meglio delle sette, è 2-2, molti dicono che 'chi vince la quinta, ha vinto'. Questo per rendere ancora più caliente il match di stanotte giocato, per sommo gaudio delle mie lieve facoltà celebrali, un'ora prima. Nella Baia per vedere l'anello sempre più vicino. Nell'oceano giallo dell'Oracle Arena. E la partita non ha tradito le attese.

LeBron James vola a canestro nonostante Green
Subito Iguodala in quintetto, il vero eroe di questa serie in maglia gialloblù. Ancora quintetto basso basso basso per i Warriors. Bordate di fischi per Dellavedova che giocava, al college, a qualche fermata di metro BART e 30 minuti di pullman dall'Oracle (a Moraga, bel posticino triste). Al 3' è 0-0. Chi ha fatto palo? Shumpert!!! Al 5' i Cavs stanno a 2. Due tremende schiacciate di Green. Lo spartano dice 9 in 7'. Caldino Jr con due bombe e un flagrant1. Che bravo Livingston, altrettanto Tristan. Anche Cleveland coi bassi bassi bassi, LeBron ci sguazza. I '5' sono James e Green. Shumpert di tripla, sorpasso. Curry si accende. 22-22.

Sempre e solo Jr ancora caldissimo. dentro Lee, scomparsi dai radar Mogxov e Bogut. Non è una serie per giganti. Super assist di Iggy. 15 LeBron al 17'. Splash di Steph come solo lui sa fare. 17 LeBron, ancora grande splash di Steph. Green schiena Dellavedova. La fiammata di Leandrinho. Ecco il duello Curry-James, finalmente; piede di Delly per recuperare un pallone e non c'è fischio (male male male). Cavaliers poco carica: laccio californiano di Jones su Iguodala. Tripla di quel che resta di Miller. Tap in schiacciato di Barnes. 51-50. LeBron 20 punti, 8 rimbalzi, 8 assist... all'intervallo!!!

Sempre James, c'è la tripla di Delly. Lotte tremende su ogni pallone. Mozgov e Bogut sempre comodamente seduti. All'Oracle segnano da centrocampo anche i tifosi. Il grottesco alley oop di Tristan. Oh ma c'è anche Klay? Piccione di Jr. LeBron fa LeBron, Steph fa Steph, equilibrio totale anche se Iggy spara un missile. Il cuore del canadese Thompson e l'energia di Lee. Oddio rientra Mozgov. Blatt in mezzo al campo. Leandrinho di grandissima qualità. 73-67.

Usher con l'asciugamano di Cleveland. Barnes ancora con la schiacciata e fallo. Immensa azione offensiva dei Cavs chiuso dalla bomba di Shumpert. LeBron e Steph, meraviglia, poesia in movimento. Pioggia di triple, ci si mette il redivivo Klay Thompson. Tripla doppia per il Re. E' la serie di Iguodala, anche la tripla angolare. Poi prende un rimbalzo in attacco, segna in rovesciata in mezzo a 40 persone in canotta blu e subisce il fallo. E' la partita di Steph, ecco le sue giocate. La famiglia balla, la mamma merita clamorosamente (ed ha anche la mia maglietta, brava), Delly va al manicomio. Fallo sistematico su Iguodala che sbaglia e sbaglia (1/6). Il Re fa cose inumane. Curry uguale che zittisce anche il buon Flavio Tranquillo. James chiude con 40 punti, 14 rimbalzi, 11 assist.

Il punteggio finale è 104-91. La serie è 3-2 per Golden State che, ora, ha due matchpoint.

MVP GAME5: Finalmente posso scriverlo, STEPH CURRY!!! Punti: 37, tiri da 3: 7/13. Anche se lo meritavano anche LeBron, Iguodala (sì, sempre lui), Green ma soprattutto Kerr che ha girato la serie facendo restare seduto Bogut.

Camillo Anzoini