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La copertina del libro |
Al compagno
Emil non piaceva neanche, correre. E invece, costretto ad obbedire – come tutti
i bravi compagni - all'ordine di partecipare a una gara, Emil Zatopek fu
portato a rivedere le sue convinzioni. Il biondo ragazzo cecoslovacco sarebbe
diventato un campione, ma a nemmeno vent'anni le aspirazioni non andavano oltre
un lavoro in una fabbrica, nella Moravia del dopoguerra. Dopo la prima corsa
vinta per gioco, però, Emil viene notato da un allenatore locale. “Corri in
modo molto strano, ma non corri male, gli dice. Oddio, veramente corri in modo
molto strano, insiste l'allenatore scuotendo una testa incredula, ma insomma
non corri male”. Emil coglie solo l'ultima parte, e non smetterà più di correre
e di vincere. Vincerà tre medaglie d'oro alle Olimpiadi di Helsinki nel 1952
(5.000 metri, 10 mila e Maratona) dopo quella su 10 mila (e l'argento sui
5.000) ai Giochi di Londra quattro anni prima.
Jean Echenoz
(che in questi giorni è in libreria con un altro Adelphi, intitolato '14) in
Correre racconta d'un fiato la vita e i miracoli della leggenda Emil Zatopek
(1922-2000), eroe cecoslovacco di due Olimpiadi e dell'Urss, baluardo della
propaganda socialista. La storia di un campione vero, che ha corso e vinto
contro un destino da operaio socialista, contro le difficoltà date da
condizioni di allenamento precarie, contro il suo stesso dolore fisico.
Qualcosa a cui pensare (o a cui non pensare)
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Emil Zatopek ha fatto la storia dell'atletica |
Correre, di
Jean Echenoz, costa dieci euro, Edizioni Adelphi.
Chiara Turrini
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