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domenica 14 giugno 2015

IL 'FUOCO' DI SASSARI, LE 'FIAMME' DI REGGIO: AL VIA LA FINALE

Non meno di una decina di giorni fa, ci siamo e mi sono divertito nel voler interpretare il volere ‘supremo’ dello sceneggiatore incaricato dagli ‘Dei del basket’ a stelle e strisce di pennellare canestro dopo canestro la stagione Nba 2014-2015, portando mesi e mesi di azioni, parole, suggestioni, missioni, uomini su cartelloni giganti al di fuori delle arene, marchi nobilissimi legati al brand sportivo che cavalcavano l’onda di una parabola, quella del figliuol prodigo, che forse mai è stata nominata tante volte nella storia dell’umanità, quanto dopo la decisione di Lebron James di tornare a casa. Lo so, un periodo ‘scritto’ troppo lungo direbbe qualcuno, ma questo è quello che mi è venuto tirando il fiato per un attimo e tuffandomi in quello che si sta vedendo al di là dell’oceano. Ma di specchi d’acqua degni di nota ne possiamo trovare anche non troppo lontano da casa nostra. Beh forse dipende da quale parte dello stivale, della penisola o perché no del mondo (non sono o siamo impazziti, giuriamo che abbiamo lettori o quanto meno click anche in diverse parti del Vecchio Continente e anche delle ‘Americhe’ in generale) ci state dedicando almeno cinque minuti della vostra attenzione prima di tornare a guardare le foto di una bella ‘gnocca’ su Facebook, di stropicciarvi gli occhi per il calore, il tifo e l’attaccamento ad una maglia come hanno dimostrato di poter fare i ragazzi della Fossa dei Leoni al seguito della Fortitudo, incitare con messaggi o post coloro che in questo weekend stanno chiudendo l’unico altro ciclo cestistico ancora aperto: le finale di Dnb. Prima di chattare, guardare un film o qualsiasi cosa siate abituati a fare di domenica.
Ma non tergiversiamo troppo. Lo specchio d’acqua al momento più famoso per gli amanti della palla a spicchi tricolore è quello irradiato dal sole e che circonda l’isola che fino a qualche tempo era conosciuta solo per essere meta dei vip, degli sportivi e del #benessere della società italiana e non. Ma ora non più. Ora la Sardegna e Sassari avranno un posto speciale anche all’interno di altri salotti. Certo la vittoria in Coppa Italia degli ultimi anni e quella in Supercoppa, avevano fatto breccia nel cuore di tutti, ma la finale scudetto era quel pizzico che mancava per trasformare una piccola fiaba in una storia fantastica. Ed allora visto che a quanto dicono l’Italia è da sempre stata terra di poeti e di grandi scrittori, come non si poteva affidare alle mani sapienti della categoria la narrazione di una stagione con tanti colpi di scena.

Il bracket prima di Gara1 di Finale scudetto
LA STORIA FANTASTICA – ‘C’era una volta…’ l’inizio di una storia che in tanti ad ottobre sembravano già saper come sarebbe finita. Un po’ come quando con un libro tra le mani si parte dalla trama sul retro per poi leggere il finale a conferma di quanto pensavi. Bravi tutti, applausi per lo sforzo ma anche quest’anno il bianco ed il rosso di Milano avrebbe colorato il cielo del basket italiano in giugno. Un po’ come accadeva ai tempi della Mensana Siena. Bisognava solo capire e sapere chi ci avrebbe provato fino alla fine. Detto, fatto. Per mesi il copione e le pagine del basket italiano sembrava un qualcosa di già visto con colpi scena più nella parte bassa della classifica (ahimè, ma lasciamo stare) che in quella alta. Già perché nonostante tutto quello che accadeva in giro per i palazzetti di Italia intorno a squadre come Sassari, Venezia, Reggio Emilia, la stessa matricola terribile Trento, era tutto oscurato dalla classica frase: “E’ tutto inutile, tanto alla fine vince Milano”. Onesto? Ne ero convinto anche io. Ma il basket è bello perché è sorprendente. E’ bello perché può cambiare le carte in tavola anche in mezzo secondo. Può trasformare una stagione già scritta in una storia mai raccontata. Può trasformare un gesto folle, disperato in una giocata che può cambiare le sorti di una stagione e per intenderci provate a googlare Skele e il suo tiro allo scadere e capirete di cosa sto parlando. Un senso di straordinario che solo chi ha la pazienza di aspettare e di arrivare all’ultimo boccone per gustare interamente il piatto, può godersi.
Tanti fino alla semifinale scudetto tra Sassari e Milano, ma soprattutto di Reggio Emilia e Venezia, avevano buttato via il libro di cui sopra anticipando l’dea del narratore: finale tra Milano e Venezia, le due più forti; al massimo la Reyer ne strappa un paio e alla fine l’Olimpia piazza il ‘back to back’. OOPSSSS!!!.
Diciamo che non è andata proprio cosi. Probabilmente il narratore incaricato si sarà indispettito per i tanti saccenti e le accuse di prevedibilità. Probabilmente lo stesso narratore aveva già deciso che questo in corso doveva essere un anno particolare, direi: diverso. Diverso dai soliti domini degli ultimi anni; diverso dai soliti finali in cui i giganti vincono sempre. Probabilmente aveva già deciso che questo mondo necessitava di uno scossone, necessitava di un racconto romantico, di storie strappalacrime ed eventi al di fuori dal normale. Aveva bisogno di due gare7, di un Davide (Sassari) contro Golia (Milano), di una squadra che stravolge il senso del ‘black power’, che va oltre la sfiga e gli infortuni. Aveva bisogna dell’entusiasmo e dell’incoscienza cestistica di due franchigie appunto diverse. Here we are. Cosi direbbero dall’altra parte del mondo. Eccoci qua. Dinamo Sassari contro Grissin Bon Reggio Emilia. La ‘Davide’ contro la squadra fattucchiera più forte della sfiga. L’incoscienza di un basket che forse non tutti amano (io si) e la rabbia e la testardaggine di non arrendersi mai, anche quando hai tutto contro. Perché no a tratti la Cleveland ed i Golden State Warriors del ‘BelPaese’.

Una parte del 'bianco' dominante di Reggio Emilia
IL ‘WHITE POWER’ DI REGGIO – Era fine settembre quando al Torneo città di Caserta mi ritrovai a chiedere questa cosa ad Alessandro Frosini: «Vi rendete conto che sarete la squadra più bianca e giovane di questo campionato?». La risposta fu quella classica di chi ci aveva pensato poco, di chi aveva costruito una squadra seguendo criteri ben precisi tra cui quello più importante: gli uomini prima dei giocatori. Ci sta. Ma in uno sport come quello del basket dove il colore ‘black’ della pelle è sinonimo di ‘differenza’ al contrario per questioni fisiche, tecniche e soprattutto di talento puro che gli afroamericani proveniente dagli Stati Uniti e al quale nessuno vuole rinunciare quando si costruisce una squadra. Beh arrivare in finale scudetto facendone a meno è un qualcosa di più che una semplice mini rivoluzione. Se poi al fianco di questa scelta ci si mette l’ulteriore rivoluzionaria concezione che a dominare la casella della provenienza dei vari giocatori fosse quella mini bandiera a noi tanto cara: il tricolore, il colpo è fatto. Italia. Italiani. Giovani. Tre idee e concetti che probabilmente appartengono ad una idea di basket che non pochi altri producono, ma che in pochissimi perseguono ad alti livelli. Cinciarini, Della Valle, Mussini, Polonara, Pini, Cervi. Sei giocatori che mettono regolarmente piede in campo. Al loro fianco? Altri ‘biancastri’, Kaukenas, Diener e Lavrinovic su tutti. Insomma il trionfo della programmazione, il trionfo della valorizzazione del settore giovanile e di credere nei talenti nostrani. Il trionfo di un gruppo. Basta cosi? E no. Non bastava perché in quel di Reggio Emilia tutte queste cose sono come il pane quotidiano. Non tutte assieme, ma in gran parte. Ci voleva qualcosa di particolare. OOPSSSS!!!. Pausa scenica prima del colpo a sorpresa. Il non essere mai al completo durante la stagione forse poteva dare qualche segnale, ma cosi è stato troppo. Prima gli acciacchi di Lavrinovic, poi quelli di Kaukenas, poi quelli generali di una squadra che sembrava essere il ritratto di un lazzaretto che quello di un team sportivo, la grana Cervi e poi nei playoff pedine che cadevano come pezzi del domino. Prima Mussini e poi Diener. Una squadra ridotta a rotazioni limitate. OOPSSSS!!!
Cuore, cuore, cuore e forse ancora un po’ di cuore. Venezia eliminata a gara7. Ed ora? Ora al ballo delle debuttanti non conta chi ha il vestito più bello, ma chi sa muovere i piedi e le mani meglio dell’altro. Ed allora che si aprono le danze. Ps. Lo so che c’è un errore in quanto scritto. Che una piccola ‘macchia’ nel bianco della Grissin Bon c’è e risponde al nome di Vitalis Chikoko. Ma è stata una forzatura scenica. PS2 (che non è la playstation), ecco a voi la Cleveland italiana, ‘forse’ non per Lebron James, ma per la sfiga assolutamente si.

L'esultanza di Jeff Brooks e compagni al Forum
LO SHOW TIME DI SASSARI – Un canestro più degli altri. Se fai un passo indietro di punti ne arrivano tre e non due. Rimbalzo, contropiede, transizione con uno o al massimo due passaggi e tiro. Giocatori dinamici, veloci, verticali, capaci di andare da una parte all’altra senza mai perdere di efficacia, se poi invece del pick and roll sono anche capaci di fare pick and pop, è sempre meglio. Questa è ed è stata la filosofia di Meo Sacchetti. Una filosofia che prima è stata apprezzata elogiata e a tratti anche posta su di un banco come per dire prendete esempio. Poi però quando la stessa dopo aver fatto passare Sassari e la Dinamo da squadra dei meandri della Legadue ai primi della LegaA, qualcuno ha storto il naso. Non si difende, l’attacco vende i biglietti ma la difesa fa vincere le partite. Troppi pochi chili in mezzo all’area, troppi tiri da tre, gioco monotematico e a chiosa di tutto: con questo gioco nel lungo periodo non si vince nulla. Lungo periodo. Già perché anche quando il nome della Dinamo si è iscritto per la prima volta al tavolo dei vincitori delle Final8 di Coppa Italia oppure ha conquistato il pass per avere una sedia al tavolo dell’Eurolega, nonostante la contentezza, c’era qualcuno che storceva il naso. Dicasi lo stesso dopo quella di quest’anno oppure prima ancora dopo la Supercoppa. OOPSSSS!!!
A differenza di Reggio per provare a far quadrare il cerchio la Dinamo ha puntato sugli stranieri. Pochi italiani - Sacchetti figlio e Devecchi quelli con più minuti e Formenti che prende quello che arriva – tanto ‘black’ sulla pelle e mani infuocate che tradotto in nomi si arriva a Dyson, Sosa, Lawal, Sanders, Kadji, Brooks e Mbodji. E quale consacrazione migliore di un sistema di gioco che sembrava inceppato alla seconda boa di metà stagione, che era partito sconfitto a Trento, scalare le marce, innescare il turbo ed arrivare fino a quel passo dall’umiliare niente un po’ di meno che la presunta dominatrice assoluta Olimpia Milano. Per un narratore normale, il dramma sportivo delle scarpette rosse e la prima finale dei sardi poteva bastare, ma non per il nostro. Mancava il pepe. Ed allora ecco il 2-3; il 3-3 e poi tutto il palcoscenico della partita più bella di una serie: la gara7. Uno scenario in cui tutto il basket di cui dispone Sassari e cioè pericoloso, spumeggiante, soggetto a break ma capace di recuperare con contro break, dinamicità a rimbalzo, tiro dalla lunga distanza, contropiedi fulminanti, ha potuto mettersi in bella mostra e sotto gli occhi spalancati di tutti.
Beh per chiudere ci sarebbero anche le questioni squalifiche dopo la gara7 a Milano di cui al momento paga solo Lawal con una giornata di assenza, ma come per Barnes e Dellavedova per le Finals Nba, questa storia ce la serbiamo per il gran finale, bello o brutto che sia. Perché come dice il mio socio in affari Anzoini “Le storie sono belle, ma vanno raccontate bene”. Ah dimenticavo a Sassari vige lo ‘Splash’ come nella baia di San Francisco. Ecco a voi i Warriors versione italiana.

CHI E’ PIU’ A SUD – Prima di chiudere e di affidare tutto al campo ecco un’ultima premessa e una domanda. La prima è che sono veramente scarso in geografia. Figuriamoci in calcoli di latitudini e longitudini. La seconda è quella di provare a chiedere a voi in maniera scientifica, magari commentando questo post, di stabilire chi è più a Sud tra Sassari e Caserta. Perché? Beh ovvio. La Juve di Maggiò, di Gentile, di Esposito, di Dell’Agnello di Shackleford e di Frank, fino ad ora è stata l’unica squadra al sud di Roma e quindi del Sud Italia a portare a casa il tricolore. Quindi la domanda finale è: Sassari e la Sardegna, sono più a sud di Caserta? Nel caso di vittoria la Dinamo calerà il poker portandosi a casa anche questo record? Restando in tema di terra di poeti e di grandi scrittore, come disse qualcuno ‘non molto tempo fa’: “…ai posteri l’ardua sentenza…”.
Buon Basket a tutti e che vinca il migliore.


QUESTO IL CALENDARIO DELLA SERIE:
Gara 1
REGGIO EMILIA – SASSARI 14/06 ore 20:45 (diretta Rai Sport 1)
Gara 2
REGGIO EMILIA – SASSARI 16/06 ore 20:45 (diretta Rai Sport 1)
Gara 3
SASSARI – REGGIO EMILIA 18/06 ore 20:45 (diretta Rai Sport 2)
Gara 4
SASSARI – REGGIO EMILIA 20/06 ore 20:45 (diretta Rai Sport 2)
ev. gara 5
REGGIO EMILIA – SASSARI 22/06 ore 20:45 (diretta Rai Sport 1)
ev. gara 6
SASSARI – REGGIO EMILIA 24/06 ore 20:45 (diretta Rai Sport 1)
ev. gara 7
REGGIO EMILIA – SASSARI 26/06 ore 20:45 (diretta Rai Sport 1)




Domenico Pezzella

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